Un rassegnato ottimismo

GENERAZIONE X

Ciao a tutti cari amici ed amiche e bentornati sulla nostra rubrica di Generazione X.
Non c’è due senza tre, dice un famoso detto, ed infatti eccoci qua, alla nostra terza “Grande Riapertura”, che se fossimo un grande magazzino ci avrebbero già indagato per riciclaggio ma, per fortuna, noi di queste cose ci occupiamo solo quando facciamo la raccolta differenziata.
Parlando di raccolta differenziata, eviterò per questa volta di parlarvi delle gioie, o dei dolori del rincominciare, l’ho già fatto, due volte, e farlo una terza mi parrebbe davvero uno spreco del vostro tempo.
Il tempo, ecco un argomento tanto banale quanto interessante: parliamo del tempo.
Sono ormai arrivato al punto, nella mia carriera scoutistica, in cui i ragazzi che ho seguito quando erano E/G mi stanno tornando in branca, sottoforma di Rover e Scolte in servizio e, fra poco, quegli stessi ragazzi a cui ho cercato (non sono così pieno di me da pretendere di esserci riuscito) di insegnare l’amore per gli altri e la natura attraverso l’avventura, accompagneranno le mie nottate trascorse in Co. Ca a parlare delle questioni più urgenti ed importanti.
Non è la prima volta che faccio un pensiero del genere, e non sarà l’ultima, ma nel corso dell’ultima attività mi ha colpito particolarmente, per un motivo ben preciso:
avevamo lasciato organizzare le attività di quel fine settimana ai capi squadriglia, un metodo relativamente desueto nel Busto 3 che è in realtà alla base della metodologia scout del reparto. Ma non siamo qui per parlare di metodo, siamo qui per dire che, ad un certo punto, uno dei miei R/S, un tempo repartista, fa ad uno dei miei attuali repartisti una (scherzosa) lamentela in merito alle regole di un gioco, uguale a quelle (meno scherzose) che una volta lanciava nella mia direzione.
Un dejavù, un piccolo viaggio nel tempo che è servito a farmi riflettere: un giorno tendiamo l’orecchio ed eccoci in un’altra realtà dove quello che ho cercato di insegnare si è ormai sedimentato, assieme a mille altri insegnamenti di mille altri insegnanti, in una persona che è cambiata profondamente rimanendo però sempre uguale a sé stessa.
Da allora (che in realtà è meno di una settimana) vivo le mie giornate, complice sicuramente l’attuale situazione di… tutto, in uno stato di febbricitante rilassatezza.
Perché in fondo, per quanto importante sia, anche da un punto di vista simbolico il nostro B.-P. Day, parlare di ripartenza è ahimè prematuro (mi dispiace, ci ho provato con tutto me stesso ma ecco qui che sto parlando di nuovo della terza ripartenza) perché, anche volendo essere ottimisti, non sappiamo cosa ci aspetti nel futuro, o quando un incidente apparentemente insignificante ci farà ripiombare alla mente l’epoca dei lockdown e dei DPCM e ci farà pensare “wow, ma quanto tempo è passato!”. Per ora, possiamo solo sperare che questo periodo d’apertura possa essere più lungo degli altri.
Nel mentre, possiamo fare di necessità virtù, imparando ad apprezzare il nostro nuovo stile di progettazione “alla giornata”, consapevoli se non altro che così vivremo ogni attività come se fosse l’ultima perché, almeno per qualche tempo, potrebbe esserlo davvero.
Nonostante questo atteggiamento, una cosa che deve diventare sia necessità sia virtù, è l’imparare dagli errori che abbiamo commesso durante e subito dopo il primo lockdown. È vero che non sappiamo cosa ci aspetti per il futuro, ma ci rimane il passato e con esso tutte le norme sul distanziamento e sulla sanificazione che abbiamo accuratamente memorizzato. La stagione calda si avvicina e, con essa, la possibilità di quantomeno pensare ai campi estivi.

Tricheco Birbante