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Essere capogruppo

04 Nuovi OrizzontiSapevo che, prima o poi, sarebbe successo: “Ehi, ci scrivi un editoriale dopo il tuo primo anno da capogruppo?”.
Già, e adesso? Mi toccherà inventarmi qualcosa…
Parlando seriamente, quando diventi capogruppo accadono cose che, bene o male, ti aspettavi fin dall’inizio e altre alle quali non avresti invece mai pensato, soprattutto se come capita a me, non riesci a trovare il tempo per seguire contemporaneamente al servizio assegnato, anche la conduzione di un’unità.
La prima impressione, a inizio anno, è che… Ti manchino i ragazzi, non seguendoli più “in diretta”. Che ti fai carico di una diversa categoria di problemi, meno logistici e più istituzionali. Che cambiano le relazioni che intrattieni, con un rapporto tra quelle esterne rispetto a quelle interne al gruppo decisamente aumentato rispetto all’anno precedente. Si modifica la tua agenda; non che le pagine diventino più o meno fitte, semplicemente cambia forma annoverando impegni di natura differente rispetto a quanto non accadesse solo l’anno prima.
Certo, c’è la soddisfazione di rappresentare uno dei gruppi AGESCI più numerosi d’Italia, se non il più numeroso e, insieme, il timore continuo di non esserne mai all’altezza. C’è la paura atavica di non meritare sempre quella fiducia nella quale hai posto il tuo onore, quella di non saper gestire tutte le novità; soprattutto quando afferiscono ad ambiti che non conosci, come tutte le modifiche al regolamento metodologico delle branche nelle quali non hai ancora fatto servizio o gli adempimenti che ogni anno, per ruolo, devi assolvere.
Poi, ineluttabilmente, cominci a prestare servizio effettivo come capogruppo e, banalmente, la tua visione delle cose prende una forma diversa da quella che avevi all’inizio di quest’avventura.
Impari che muta il “peso” delle tue parole che devono diventare più autorevoli, ora che hai addosso gli occhi di tutti i capi e i ragazzi del tuo gruppo e capisci che in Co.Ca. devi stare attento al “peso” di quelle parole, sia nella diplomazia che nella fermezza, perché ora vengono da un capogruppo. Impari che i ragazzi, in realtà, non ti mancano perché ora, che tu lo desideri o no, sei un capo per tutti loro, non solo per quelli della tua unità.
Apprendi che non sono diverse le necessità dei tuoi ragazzi ma è la tua visione prospettica che necessita di essere ampliata, includendo aspetti ai quali non prestavi particolare attenzione, gestiti fino a quel momento dal tuo capogruppo (appunto) e ora diventano strumenti che metti nello zaino durante il cammino che definisce il tuo progetto del capo.
Capisci che enti, istituzioni, associazioni, genitori, ecc… necessitano di un interlocutore per tutto il gruppo e, parlando linguaggi diversi, ti insegnano a rapportarti in modo diverso dall’uno all’altro senza perdere di vista i valori, la bussola che indica il tuo percorso.
Ti arricchisce il confronto con altri capi che in Zona o in Regione, svolgono il tuo stesso servizio e condividono le tue difficoltà. Percepisci bene il peso che comporta la maggior responsabilità e i rischi ad essa connessi.
Certo, più volte ti vien voglia di gettare la spugna che, tradotto, non vuol dire “rinunciare all’incarico” ma semplicemente, lasciare che le cose vadano per loro conto: “…Chi te lo fa fare di farti sangue amaro, tu digli sempre di sì, e vivi tranquillo…”. Altrettante volte capisci il pericolo derivante dalle conseguenze di quella spugna gettata e decidi di tenere duro.
Impari a contare fino a dieci prima di prendere fuoco e, in questo modo, ti nutri della diversità, che diventa ricchezza, delle opinioni della tua Co.Ca. e gioisci tutte le volte che un ex-partente, diventato giovane capo, ti stupisce mostrandoti che hai ancora molto da imparare.
Ti rendi conto che in tutto questo, fortunatamente, non sei solo perché i tuoi compagni di strada sono una controparte nella diarchia talmente in gamba da riuscire a sopportarti e un A.E. che la Zona, sotto sotto, ti invidia, per non parlare di quel Dio meraviglioso in cui credi e che ogni tanto bistratti, che in tutto questo marasma non ti ha abbandonato un solo attimo.
Ecco. In quel momento, volgendoti indietro e chiudendo gli occhi, rifaresti ancora tutto senza perderti nulla. Non foss’altro che non sarebbe così bello da nessun’altra parte.

È allora che sei sicuro di aver fatto, nonostante tutti i tuoi difetti e le tue inadeguatezze, tutto sommato la scelta giusta; quella che, pur tra mille difficoltà e ostacoli, non ti fa rimpiangere il cammino che stai percorrendo e ti fa sentire grato per l’occasione di crescita che ancora ti viene offerta.
Termite caparbia