Dichiarazioni di pace: Scautismo e fratellanza mondiale

Liberamente tratto dal libro: «La schiera bella, vigorosa e promettente… Il secolo scout a Busto Arsizio» di Marco Torretta

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Lo scoutismo, specialmente dalle sue origini centenarie (nacque nel 1907), ha dato talvolta un’immagine ingannevole sul rapporto tra il metodo educativo ed il militarismo. Il metodo scout, sebbene fondato da un generale (Lord Robert Baden Powell) e basato anche sul patriottismo, la salute fisica e la disciplina, è in realtà un principio opposto al militarismo, poiché tende a trasmettere ai giovani esempi e non ordini, e mira all’autoeducazione, controllata da Capi-educatori: “guida da te la tua canoa” è una delle frasi allegoriche, ovvero ogni giovane deve scegliere, nella vita, le azioni da intraprendere e accettarne le conseguenze, senza affidarsi totalmente agli altri); quindi scoprire e sviluppare al meglio il proprio carattere, per essere un “buon cittadino”: la buona azione, il servizio verso gli altri, la spiritualità presente in ogni Fede, ecc.

Non è un caso che il primissimo esperimento scout in Italia, il 26 giugno del 1910 ai Bagni di Lucca, dette vita ai “Boy Scout della Pace”, che avevano per distintivo un giglio bianco in campo azzurro; l’intento pacifista di Sir Francis Vane, che ne fu l’iniziatore, era ancora più significativo proprio perché non erano ancora scoppiate le due guerre mondiali…
Nel 1911 Baden Powell scriveva: «mi sembra che prima che si riesca ad abolire gli armamenti, prima di poter fare promesse a mezzo di trattati, prima di costruire palazzi dove possano sedere i delegati per la pace, il primo passo sia quello di abituare le giovani generazioni, in ogni nazione, a lasciarsi guidare in tutte le cose da un assoluto senso di giustizia. Quando gli uomini avessero questo senso di giustizia come un istinto nella loro condotta in ogni questione della vita, così da guardare imparzialmente ogni problema da entrambi i punti di vista prima di sposarne uno, allora al sorgere di una crisi tra due nazioni essi sarebbero spontaneamente più pronti a riconoscere ciò che è giusto e ad adottare una soluzione pacifica; cosa questa che rimarrà impossibile finché la loro mentalità sarà abituata a considerare il ricorso alla guerra come la sola soluzione».

In alcuni casi ci fu qualche tentativo di strumentalizzazione all’interno dello scoutismo, che venne spesso visto come un’associazione paramilitare o premilitare: a Busto Arsizio come in tutta Italia, dietro sollecitazione del Ministero dell’Istruzione, la sottosezione del CNGEI (Corpo Nazionale Giovani Esploratori Italiani) nacque e venne patrocinata il 20 maggio 1915, quattro giorni prima della dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria; anche se i “venti di guerra” erano diventati ormai una presenza inesorabile…
La successiva nascita, nel 1917, del gruppo bustese dell’ASCI (Associazione Scout Cattolici Italiani) veicolò un atteggiamento meno nazionalista, anche se improntato ad un patriottismo che vedeva nella guerra una inevitabile difesa della Patria.

Dopo l’esperienza terrificante della “Grande Guerra” ci fu una tendenza, in campo internazionale, decisamente orientata verso il mantenimento della pace, da cui la nascita della “Società delle Nazioni” (1919).
Se a ciò aggiungiamo che il Movimento raggiunse, in breve tempo, quasi tutti i paesi del mondo e che già nel 1920 si organizzò, in Gran Bretagna, il primo Jamboree, cioè un campo scout aperto a tutte le nazioni, razze e religioni del pianeta, si può intuire come lo scoutismo ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione di una fratellanza mondiale (nonostante gli ovvii e inevitabili fallimenti delle politiche estere e dei totalitarismi della prima metà del novecento).
B.P. scrive nel 1925: «l’addestramento e la disciplina militare sono esattamente l’opposto di quello che insegniamo nel Movimento scout. Essi tendono a produrre macchine invece di individui, a sostituire una vernice di obbedienza alla forza del carattere».

Nella stessa epoca dell’avvento dei regimi totalitari, quando lo scautismo viene abolito in Italia (1928), in Germania, e in tutti quei paesi in cui il governo si trova in contrasto con le idee di pace e fratellanza che il movimento va diffondendo, BP scrive: «Noi dovremmo inculcare nei nostri ragazzi un patriottismo che sia al di sopra di quel sentimento ristretto che generalmente ci rinchiude nella nostra nazione ed ispira gelosie ed inimicizie verso le altre. Il nostro patriottismo è di un genere più ampio e più nobile, che riconosce la giustizia e la ragionevolezza delle richieste altrui e porta la nostra nazione al riconoscimento ed alla fraternità con fraternità con gli altri popoli del mondo».

Sappiamo, da un libro custodito a Busto Arsizio, che l’ “Aquila Randagia” Mons. Enrico Violi acquistò, in regime di clandestinità, il bellissimo libro in lingua inglese “The World Jamboree 1929”, campo internazionale scout che si tenne ad Arrowe Park in Inghilterra, e che riporta in una pagina questa didascalia:

SQUADRIGLIE DI PACE
La “Lega delle Nazioni” dice, rivolta agli scout: “dicono che non ho
armi, ma perché dovrei volerne, con questi alleati?”
The World Jamboree, 1929 – Arrowe Park

Sempre Baden Powell, nel 1932, scriveva: «Non è l’abolizione degli eserciti che farà scomparire la guerra, così come non è abolendo la polizia che si fa scomparire la criminalità. Bisogna eliminare la causa della guerra: gli eserciti sono piuttosto l’effetto, cioè sono il prodotto della paura e dell’istinto combattivo. E questo è il compito dell’educazione.»
Più oltre nel 1937, una grande speranza: «Anche se l’aspetto più spettacolare del nostro lavoro, i Jamboree e le crociere di pace dei tempi più felici rimane sospeso per la durata della guerra, vi è sempre l¹altra più importante parte del nostro programma, che consiste nel dare ai nostri ragazzi, senza clamore e metodicamente, con l¹esempio e con la pratica, l’abitudine alla buona volontà, tolleranza e comprensione verso gli altri. Queste qualità, se radicate nei nostri scout di oggi, renderanno in futuro la guerra un fenomeno inconcepibile. Perciò non scoraggiatevi. Non c’è mai stato, nel mondo, tanto bisogno di scout in gamba come oggi: e coloro di voi che cooperano alla loro formazione possono essere sicuri di star validamente contribuendo all’avvenire del mondo.»

Il clima internazionale divenne sempre più cupo e inquietante, tanto che B.P. scrisse, nell’imminenza del secondo conflitto mondiale: “Fra poco voi giovani sarete divisi e dovrete uccidervi l’un l’altro, ma quando la guerra sarà finita, ricordatevi, toccherà a voi essere i costruttori della pace”. Baden Powell – Jamboree di Vogelensang – Olanda, 1937

Una volta che la nuova guerra divenne realtà: (nel gennaio 1940) un’idea che era anche di grande attualità: «Nessuno sa quale forma prenderà la pace. Unioni federali, unioni economiche, una Società delle Nazioni risuscitata, gli Stati Uniti d’Europa e varie altre proposte sono sul tappeto. Ma una cosa è essenziale per una pace generale e permanente, di qualsiasi forma: e cioè una totale trasformazione di spirito fra i popoli, una trasformazione nel senso di una più intima reciproca comprensione, di un soggiogamento dei pregiudizi nazionali, e la capacità di guardare con gli occhi degli altri in amichevole simpatia.»

E gli scout in guerra cosa fecero? Ecco alcuni esempi toccanti della 2^ Guerra Mondiale che videro scout di opposti schieramenti salvarsi la vita, come nel caso di un soldato italiano. «Nordafrica: alcuni soldati italiani stavano per essere fucilati da un plotone britannico; l’ufficiale di Sua Maestà vide un Italiano che portava la cintura scout, fermò improvvisamente l’ordine di far fuoco e si avvicinò all’Italiano, seppe che era un ex scout di Roma. L’Inglese era stato scout a Londra, l’Italiano ebbe così salva la vita… »

Persino nella clandestinità alla quale erano costretti gli (ex) scout italiani, ci furono slanci di altruismo non violento: le “Aquile Randagie” aiutarono perseguitati ed ebrei a fuggire in Svizzera; uno di quei ragazzi perse la vita per salvare un perseguitato.

A Busto Arsizio abbiamo la testimonianza dello scout/partigiano Ugo Chierichetti che ricorda l’esperienza di un servizio verso i bisognosi, proprio durante l’occupazione nazifascista: «…Nell’anno 1944, un giovane sacerdote Don Romano Cesana, nuovo coadiutore dell’oratorio della parrocchia di San Michele, iniziava a raccogliere dei giovani non praticanti l’oratorio per organizzarli in un piccolo gruppo clandestino di Scout, con attività prevalentemente di aiuto volontario ai più deboli. A Busto erano giunti molti sfollati per i bombardamenti aerei su Milano e altre città, e ci si trovava in piena carestia. Gli alimenti erano insufficientemente razionati con tessere annonarie personali, e imperava il mercato nero per chi poteva, mancava legna per il riscaldamento, molti anziani, a causa della partenza in guerra di tutti gli uomini validi, erano abbandonati a se stessi. Per costoro ci si diede da fare, come nostra B.A. quotidiana [Buona Azione - N. d. A.], nel limite del possibile e nel silenzio più assoluto.»
Alcuni di loro invece, per forza di cose, parteciparono agli eventi della Resistenza nelle modalità belliche tradizionali, e per questo si autodefinirono i “Ribelli per Amore”, ovvero ragazzi e uomini che avevano imbracciato forzatamente le armi per amore della Libertà e nonostante i principi cristiani a cui si ispiravano le loro formazioni paramilitari.

Nel dopoguerra alcuni rover (scout over 16), anche bustesi, si interessarono al tema dell’obiezione di coscienza, allora non ammessa, incontrando, nel 1964, personalità politiche come Lidia Menapace.
Negli anni sessanta si terranno i processi agli obiettori cattolici. A questo si aggiunsero le forti prese di posizione in favore dell’obiezione di coscienza da parte di padre Ernesto Balducci e di don Lorenzo Milani che trattò l’argomento nella sua opera “L’Obbedienza non è più una virtù” subendo anche un processo.
Nel 1970 viene presentata in Parlamento, una proposta di legge per legalizzare l’obiezione di coscienza. La proposta viene approvata dal Parlamento due anni dopo, con l’istituzione del servizio civile obbligatorio per chi rifiuta di prestare il servizio militare.
L’AGESCI (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani) fece successivamente una chiara scelta preferenziale per il servizio civile.

Nel 2001, dopo la tragedia delle “Torri Gemelle”, questo comunicato ufficiale dell’AGESCI: Combatteremo fino all’ultimo alito della nostra vita contro la legge del più forte usando quella dell’amore. Contro chi vuole strapparci dalla “normalità” per gettarci nella fossa del terrore. Progettando il domani per noi e per i nostri figli. Rispondendo col rimetterci in cammino, senza dimenticare che il nostro obiettivo è concludere il nostro pellegrinaggio su questa terra, avendo raccontato e testimoniato concretamente l’amore che Gesù ci ha fatto sperimentare in vita. Dio ci ha fatto il grande dono d’incontrare gente che lo chiama col nome di Allah, Jhavè, Buddha, a fianco della quale abbiamo lavorato, riso, sofferto e pianto e scoperto la grande verità della storia:
L’AMORE DI DIO non ha nome, razza, lingua, religione, politica, confine o nazione. E per non dimenticare in ogni regione italiana è stata organizzata una veglia di preghiera la sera del 4 ottobre, Festa di S. Francesco, Santo della Pace.
Grazia Bellini, Edoardo Patriarca Presidenti AGESCI Mons. Diego Coletti Assistente Ecclesiastico Nazionale

Prendendo spunto dal fatto che il Gruppo AGESCI del Busto Arsizio 1° aveva aderito ai valori di educazione alla pace ed alla fratellanza tra i popoli del Coordinamento Cittadino per la Pace, vogliamo evidenziare un triste evento che colpì lo scoutismo italiano nel 2003; il servizio reso da alcuni scout-militari caduti a Nassirya va interpretato come una vera forma di patriottismo, e non come una sterile manifestazione di pacifismo indirizzato contro le nostre forze militari; infatti i seguenti Italiani, morti mentre compivano un’operazione di pace, avevano un passato scout:
- Il Vice Brigadiere dei Carabinieri Ivan Ghitti (caduto a Nassirya, e rover del Milano 24);
- il civile Marco Beci della “Cooperazione Italiana” (caduto a Nassirya);
- il dirigente della Polizia di Stato Nicola Calipari (scout dell’ASCI a Reggio Calabria);
Lo scoutismo italiano fu addolorato per queste morti ingiuste, ma non stupito perché, se è ancora attuale leggere le prime righe di “Scoutismo per Ragazzi”, dove B.-P. scrive che: “Immagino che ogni ragazzo desideri rendersi utile alla sua Patria in un modo o nell’altro. C’è un mezzo con cui può farlo facilmente, ed è quello di diventare un Esploratore…” “…oltre agli esploratori militari ci sono anche altri tipi di esploratori, uomini che in tempo di pace compiono un lavoro che richiede lo stesso genere di ardimento e di spirito d’iniziativa… sono uomini abituati a tenere in pugno la propria vita e a rischiarla senza esitare, se rischiarla significa servire la Patria. …E questo fanno semplicemente perché è loro dovere.” Robert Baden Powell – 1907.
Allora il posto di un Esploratore è sempre avanti agli altri, specialmente quando si tratta di rendere un servizio.