Archivi tag: Busto Arsizio

Il Macello Civico di Busto Arsizio: storia dimenticata, degrado e rinascita

Introduzione

Frequento l’ex-macello da oltre 15 anni ormai, tanto che mi ci sento come a casa. L’articolo che segue nasce dalla scoperta che, a dare valore a quelle mura di mattoni, non c’è solo l’affetto di quanti, come me, le hanno abitate nelle loro giornate di gioco o di servizio al prossimo, ma una storia. Si tratta della storia di una città intrecciata con quella di un territorio, che poi vuol dire migliaia di storie di persone che, come fili della tela, si uniscono in altrettante forme per dar vita all’immagine che vediamo oggi. Ho sentito la curiosità di cercare questa storia, purtroppo trascurata nel dettaglio del Macello Civico di Balbi, e il bisogno di raccontarla. Essendo appassionato di archeologia industriale ma non esperto di professione, sono sicuro che quanto segue possa essere ampiamente approfondito e ampliato. Ho preferito però iniziare nella speranza di offrire un appiglio a quanti, più competenti, vorranno proseguire.

eg

La Busto industriale e il suo tessuto

Il Macello Civico di Busto Arsizio, o “ex-macello” come viene chiamato ormai, occupa quasi interamente l’isolato tra Viale Marco Polo (che corre parallelo alla tratta Cadorna-Malpensa delle FNM, a sud), Via Magenta (a est), Via Guglielmo Pepe (il cui n°3 ne è il civico, a Nord) e Via Tito Speri ad ovest. Questo spicchio di tessuto urbano è rimasto a lungo dimenticato, o quantomeno considerato malvolentieri più per i fastidi conseguenti al suo abbandono o non-gestione, dopo aver servito la cittadinanza bustocca per ben più di mezzo secolo. Anzi, si può dire che il Pubblico Macello sia cresciuto con essa a partire dal finire dell’800, periodo nel quale la popolazione passò da poco più di 17.000 abitanti ad oltre 24.000 nel giro di un ventennio [1], al plateau raggiunto negli anni ‘70 poco al di sotto degli 80.000. Osservando la microstoria di questo complesso di edifici non serve fare grandi salti di astrazione per legarla con la macrostoria di quella che già da allora fu una delle città più industrializzate dell’Altomilanese. Questa fu la città di Enrico dell’Acqua [2], “Il Pioniere” dell’esportazione cotoniera italiana (e, in un certo senso, precursore del “Made in Italy”) e di Cristoforo Benigno Crespi [3], il fondatore del villaggio industriale (oggi patrimonio UNESCO) di Crespi d’Adda [4]. Non a caso oggi questo comune è una tappa significativa per chi si interessa di archeologia industriale, lambito dalla Valle Olona a est (ricca di storia industriale e medievale che da Milano porta a Varese) e dal complesso del Canale Villoresi [5] a ovest e sud (che dalla “cattedrale” della diga del Panperduto [6] costeggia la Malpensa per poi tagliare la pianura fino all’Adda). Nello specifico, i punti di maggior interesse sono sicuramente l’ex-Cotonificio Bustese Carlo Ottolini, con il suo nucleo neogotico oggi trasformato nel Museo del tessile e della tradizione industriale di Busto Arsizio [7], e i Molini Marzoli Massari [8] molto ben conservati e che oggi ospitano diverse attività pubbliche. A questi si aggiungono le numerose ville in stile Liberty e art déco di inizio novecento erette dai grandi nomi dell’industria meccanica e tessile che fecero di Busto la “Manchester d’Italia” [9]: Comerio, Crespi, Tosi…

Come dicevamo, la crescita industriale di questa città con il conseguente aumento della popolazione e del suo livello di benessere, porta all’aumento dei servizi necessari per il suo sostentamento.Tra il 1875 e il 1905 si ampliò più volte l’ospedale [10], nel 1887 si attivò la Stazione di Busto Arsizio Nord [11] (pressoché adiacente a quella odierna e non lontana dal Macello) e nel 1905 iniziarono i lavori per la nuova imponente Stazione Centrale [12] che però sarà inaugurata solo nel’24 [13].

macello civico innevato

Un nodo nella tela

Il 28 aprile 1895 Francesco Crispi firmava per contrassegno il decreto di Re Umberto I che, “vista la delibera del Consiglio Comunale di Busto Arsizio (Milano) in data 2 luglio 1894” autorizzava il Comune stesso “ad acquistare un terreno dal Beneficio Parrocchiale locale per costruirvi il pubblico macello” [14]. Ad occuparsi del progetto fu l’architetto Camillo Crespi Balbi [15], marnatese laureato al Politecnico di Milano, sparse le sue opere sia civili che private in tutto l’Altomilanese: dalle ville Ottolini-Tosi e Ottolini-Tovaglieri a villa Comerio, le scuole Manzoni e le Carducci, il cimitero di Olgiate Olona e il Pubblico Macello di Legnano, nonché il già citato Cotonificio Bustese e il Calzaturificio Borri. Si distinse nello stile liberty, nell’utilizzo del ferro battuto [16] e nei riferimenti rinascimentali e medievali. Come controparte dell’Ufficio Tecnico comunale vi fù Silvio Pellico Gambini [17], perito e progettista che partecipò alla stagione del Liberty bustese secondo le esperienze della Secessione Viennese che ci ha lasciato lo stabile Colombo [18], villa Leone [19] e i già citati Molini Marzoli. Di queste opere esistono vari riferimenti in letteratura, mentre l’ex-macello viene spesso ignorato, raramente menzionato e in forse un paio di casi descritto con più di qualche riga. Purtroppo sono anche poche le fotografie che ne testimoniano il passato.

Il progetto del Pubblico Macello, firmato da Crespi il 19 novembre 1894, conteneva i disegni di quattro edifici:  un macello suino, un macello bovino, un edificio di servizi (che conteneva la caldaia a vapore, pompa e serbatoio) e una villetta, con antistante pesa, per il veterinario e il custode. I lavori terminarono due anni dopo, per la precisione lo stesso Crespi chiuse il bilancio il 9 febbraio 1896 per un totale di 50.644,75 lire [20]. La villetta a due piani con scantinato è forse la parte meglio conservata di questo nucleo originale, anche se appare modificata nell’aspetto rispetto a questi disegni. La parete posteriore (ad est) fa da muro di cinta per tutto il complesso dal lato di Via Magenta, mentre quella a nord da sul marciapiede di Via Pepe. L’edificio, una volta esaurita la sua funzione a seguito della chiusura del Macello negli anni ‘70, fu comando dei Vigili Urbani [21] e sede Asl, archivio semi-abbandonato e, dal 2004 [22], sede di alcune colonie AIC [23]. Fu poi definitivamente abbandonato nel 2014 a causa della dichiarazione di inagibilità e, dal 20 novembre 2018, quando se ne dibatteva per la demolizione tramite l’Aler in modo da allargare la carreggiata [24], è sottoposta a vincolo dei beni culturali [25]. Al momento è recintato e inaccessibile, benché la rete metallica che corre lungo il marciapiede di Via Magenta lasci forti dubbi sulla effettiva messa in sicurezza di uno stabile definito pericolante. Purtroppo, come verrà dettagliato più avanti, ad oggi proprio questo edificio è l’unico escluso dai progetti di rigenerazione urbana che interesseranno questo lembo di città ad ennesima riprova che il vincolo delle Belle Arti non è garanzia di tutela in quanto sembra più opportuno per le amministrazioni pubbliche lasciare che tali manufatti si demoliscano da sé tramite la caparbia azione del tempo. Ma se sul recente passato le diatribe tra giunta ed enti del territorio, nonché la reperibilità delle notizie on-line, ci aiutano a fare luce sul susseguirsi dei fatti, ricostruire l’evoluzione del complesso del Macello richiede un’indagine storica più accurata che ho potuto svolgere solo in parte. Spero comunque, con questo mio breve scritto, di poter dare almeno delle coordinate a chi intendesse approfondire la ricerca. Oltre alla visita agli Archivi Storici del Comune di Busto Arsizio (nei quali ci sono ancora numerosi fascicoli da indagare [26]) è risultato prezioso il lavoro svolto da Carlo Magni della Delegazione FAI del Seprio [27] in occasione delle Giornate FAI di Primavera del 15 e 16 maggio 2021 [28], prima occasione in cui il complesso è stato aperto al pubblico per delle visite organizzate. La sua ricostruzione permette di definire la destinazione dei vari edifici che vediamo oggi a seguito dei vari ampliamenti succedutisi negli anni, delle parziali demolizioni, dell’abbandono e del recupero avvenuto nell’ultimo ventennio. La descrizione che segue si basa sull’intervista rilasciata a Magni dal sig. Gianfranco Piran, proprietario di una notissima macelleria bustocca che, in gioventù, accompagnando il padre, ebbe continue occasioni di frequentare il Macello Civico quando era ancora in piena attività.

Casa custode macello civico

Sull’ingresso ritinteggiato di bianco in via Guglielmo Pepe 3 campeggia ancora la scritta “MACELLO CIVICO” sopra ai due cancelli in ferro battuto. Entrando da quello di destra si passa sopra la copertura metallica della pesa. Sulla destra si ha la palazzina degli Uffici al piano terra e l’abitazione del custode al primo piano che fu in seguito un ufficio postale [29] per poi ospitare nel recente passato un club di motociclisti [30] e un’associazione di sommozzatori. Sul retro di questo edificio, ad oggi dichiarato inagibile a causa della cedevolezza del primo piano, c’è una tettoia dove si accedeva ai locali per la vidimazione da parte del veterinario della carne che qui arrivava già macellata altrove per poi essere messa in vendita. Su questo, come su altri edifici, è ancora ben visibile la colorazione ocra con elementi in mattone a vista quali gli archi delle finestre e le tre fasce orizzontali su ogni piano. Di fronte a questa palazzina si sviluppa l’ala della macelleria bovina che oggi ospita alcuni archivi della Procura della Repubblica. Sulle due facciate strette di questo plesso sono visibili le alte porte in metallo con ruote, la guida sulla quale scorrevano e il moncone di rotaia alla quale si appendevano le carcasse. A fianco alla macelleria bovina, a sud, correva parallela quella suina che fu però chiusa negli anni ‘50 quando si affermarono macellerie private che erano maggiormente in grado di soddisfare il mercato. La ciminiera che svettava da questo blocco è stata demolita nei primi anni 2000 [31]. Il corridoio tra le due macellerie rappresenta forse lo scorcio meglio conservato in cui si può apprezzare l’intenzione dell’arch. Crespi Balbi di mantenere in tutti gli edifici un tono ‘elegante’ tramite gioco del rosso del mattone e il bianco degli intonaci o le modanature alle finestre ad arco ribassato in tutti gli edifici: caratteristica peculiare dell’eclettismo. Dal lato opposto di questo corridoio aperto, sul lato est del capannone centrale che si vede dai cancelli d’ingresso, si vede ancora la grande porta dalla quale, tramite i binari oggi rimossi, gli animali macellati erano trasportati nelle celle frigorifere. Queste oggi sono in parte in uso al Tribunale e in parte ad un gruppo scout AGESCI [32], mentre è interamente affidata agli scout l’ala del macello suino nel quale sono ancora presenti le rotaie di trasporto delle carni e le colonne originali (seppur gli spazi interni siano stati modificati). A fianco delle celle frigorifere c’era una vera e propria fabbrica del ghiaccio con corrispettiva vendita, dato che allora non esistevano i frigoriferi famigliari ma solo delle piccole “giascioeure” di legno rivestito internamente di alluminio per mantenere il freddo.; la produzione di ghiaccio serviva anche per le esigenze dell’ospedale. Tornando all’ingresso, dall’altra parte rispetto alla palazzina degli uffici, si trovano degli altri edifici bassi che comprendevano anche i ‘negozi’ per la carne di bassa macelleria, diciamo una seconda scelta a prezzi più popolari (la tettoia subito a lato del cancello è stata chiusa con delle pareti sempre nei primi anni 2000). Questo settore è oggi la parte operativa della sede scout in cui vengono svolte attività educative e di volontariato con bambini dai 5 anni in su fino agli adulti. Di fronte ai negozi, sul lato est del grande capannone, si trovavano le celle frigorifere sussidiarie: i macellai che non avevano presso il loro negozio una cella frigorifera capiente potevano affittare queste celle e ritirare la carne quando ne avessero necessità.

Esiste una foto storica [33][34] dei primi anni ‘30 che ritrae il Macello Civico dopo gli ampliamenti avvenuti negli anni immediatamente precedenti. Ne riporto la descrizione sempre secondo Magni: il Macello si trova ancora in un’area assolutamente periferica, tanto che non vi è ancora tracciata l’attuale Via Guglielmo Pepe. L’edificio d’angolo, oggi non più esistente, era la “tripperia” dove venivano lavorati gli stomaci dei bovini per ottenere vesciche (per avvolgere i salami) o altre budella che, opportunamente lavate, entravano nella preparazione del salame. All’angolo opposto un edificio equivalente era la stalla per gli animali dei carri da trasporto. Esistono anche alcune foto degli interni [35] e della macchina frigorifera [36], nonché uno schizzo a carboncino dell’esterno [37].

Macello 1934

Uno strappo da ricucire

Come già descritto, questo nodo nevralgico nel sostentamento della popolazione bustocca, a seguito del progressivo abbandono, è diventato uno strappo nel tessuto urbano in una zona di confine tra il centro e il quartiere di Sacconago a sud della ferrovia. Ancora oggi quest’area testimonia una commistione di industrie e cortili molto florida, ma oggi degradata. Tanti sono gli immobili cadenti (fin’anche puntellati) a ridosso delle strade e l’ex-macello non era da meno con il muro di cinta in parte crollato, gli interni sventrati dimora di degrado e calcinacci e le alte erbacce nel piazzale. Quanto operato in questi anni dal Gruppo Scout AGESCI Busto Arsizio 3 che ebbe in uso questi spazi quando ancora il mondo dell’associazionismo e del volontariato non era ben regolamentato come oggi ebbe da affrontare sfide considerevoli, per un gruppo di volontari appunto, nel rendere fruibile e sicuro il Macello per l’attività educativa durante tutto l’anno (soprattutto nei freddi e umidi mesi dell’inverno padano). Pur considerando, come desumibile dai già citati articoli di cronaca, che la situazione dell’ex-macello si stata già casus belli di diatribe politiche (finora sempre riassorbite dalla politica stessa), il fatto che le diverse amministrazioni succedutesi negli anni abbiano continuato a supportare (o sopportare, direbbero le malelingue) tale opera di recupero e restituzione civica sembra dichiararne il merito complessivo; pur riconoscendo che, a causa delle proprie limitate risorse, il mondo del volontariato non è di per sé chiamato al restauro dei beni pubblici e punta quindi a concentrarsi sul minimo indispensabile per garantire lo svolgimento delle proprie attività in condizioni di confortevole igiene e sicurezza. Sia questo un appello alle istituzioni per mantenere viva l’attenzione e la cura sui beni (soprattutto se carichi di valore storico) affidati a terzi. Da ultimo non sembra essere un caso che, alla “riabilitazione” del Macello Civico quale luogo di aggregazione giovanile tenuto vivo e vissuto nei week-end e, spesso, nelle sere in settimana, si sia mossa parallela ad inizio 2000 una rivalutazione di tutta l’area tra San Michele e le Ferrovie Nord con la sistemazione del Parco Comerio e i condomini antistanti da via Pellico a via Magenta. 

2004-04-17 lavori messa sicurezza

Si arriva così alla storia recentissima con un progetto di rigenerazione urbana da 20 milioni di euro [38] (più eventuali altri 15 [39]) che intende coinvolgere tutta l’area tra la Stazione Nord e l’ex-macello che si troverebbe ad ospitare un ITS [40] e un centro culturale, oltre ai già citati scout. L’archeo-turismo industriale verrebbe anche favorito dalla nuova ciclabile Cadorna-Malpensa che, correndo parallela al tracciato delle Ferrovie Nord, passerebbe proprio dall’altro lato di Viale Marco Polo rispetto all’opera di Crespi e Gambini. C’è quindi da ben sperare che, dopo anni di anonimato interrotti da brevi lampi di cronaca, questa testimonianza del lavoro dell’uomo e del suo ingegno possa ricevere l’attenzione che merita.

Cosa resta della trama

Per chi volesse approfondire la conoscenza del Pubblico Macello e della Busto Arisizio architettonica e industriale, oltre alle opere già citate, si segnalano:

  • Arnaldo Agnelli

LE CENTO CITTÀ D’ITALIA

GALLARATE, BUSTO ARSIZIO, LEGNANO

Anno XXXI – supplemento al n°11141 – 31 dicembre 1896

  • Lino Taglioretti

GUIDA TAGLIORETTI PER IL CIRCONDARIO DI GALLARATE – Anno I° 1905-06

Ed. Guida Taglioretti – Gallarate – 1905

  • GUIDA DI BUSTO ARSIZIO

Pianezza Editore – Busto Arsizio – 1921

  • Bruno Grampa

PAGINE DI STORIA E DI VITA BUSTESE

Libraio Pianezza – 1927

  • A cura di Stefano Ferrario

BUSTO ARSIZIO

Bramante Editrice – 1964

  • Rogora Rodolfo, Ferrario Stefano, Belotti Luigi, Caldiroli Luigi

SOMMARIO DI STORIA BUSTESE DALLE ORIGINI AI TEMPI NOSTRI (2^ edizione ampliata)

Varesina Grafica – 1980

  • AA.VV.

SILVIO GAMBINI LA CARRIERA DI UN ARCHITETTO TRA LIBERTY E RAZIONALISMO

Busto Arsizio – 1992

  • AA.VV.

Busto in Liberty. La città e il suo patrimonio architettonico all’alba del Novecento. Uno sguardo scientifico ed estetico

Libraccio Editore – 2019

  • Franco Bertolli, Paolo Bossi, Decio Grassi, Augusto Spada

BUSTO ARSIZIO ARCHITETTURE PUBBLICHE

Città di Busto Arsizio – 1997    

  • Augusto Spada

CONOSCERE LA CITTA’ DI BUSTO ARSIZIO

seconda edizione

Città di Busto Arsizio – 2004-2010-2015    

  • Alberto Brambilla – Lorena Amadori

BUSTO ARSIZIO CITTA’ – 14 decenni di storia – nel 140° anniversario dell’elevazione a Città 1864-2004

Arti Grafiche Colombo – Busto Arsizio – 2005

 

 

Enrico Gussoni

Note a pié di pagina:

  1. Statistiche ISTAT
  2. Luca Colombo, L’impero del cotone. Storia di Enrico dell’Acqua, industriale bustese che conquistò l’America, Busto Arsizio, Pianezza editore, 1999.
  3.  https://www.cavalieridellavoro.it/cavaliere/Crespi_Benigno%20Cristoforo/43/
  4. https://www.crespidadda.it/
  5. https://www.etvilloresi.it/
  6. http://www.panperduto.it/
  7. https://www.comune.bustoarsizio.va.it/index.php/aree-tematiche/cultura/museo-del-tessile
  8. https://www.distrettobustoarsizio.com/products/molini-marzoli-massari/
  9. Alberto Garavaglia, Museo del Tessile e della Tradizione Industriale di Busto Arsizio, Busto Arsizio, Freeman Editrice, 1997
  10. Giorgio Giorgi, L’ospedale di Busto Arsizio, 2005
  11. http://www.trenidicarta.it/aperture.html
  12. Sergio Zaninelli. Le ferrovie in Lombardia
  13. In Nascita di una provincia fascista, su www3.varesenews.it si riporta l’aneddodto secondo il quale Benito Mussolini la inaugurò il 25 ottobre 1924 tra il disinteresse della cittadinanza che preferì assistere alla S. Messa del Cardinal Eugenio Tosi, bustocco. La leggenda vuole che un Mussolini, inferocito, abbia deciso quel giorno di preferire Varese a Busto Arsizio come nuovo capoluogo di provincia.
  14. Una copia del decreto è conservata presso l’Archivio Storico del Comune di Busto Arsizio nella Busta 282 insieme ai disegni originali di Camillo Crespi Balbi e ad una cospicua quantità di verbali e documenti amministrativi tra i quali elementi delle procedure di appalto e rendicontazione. 
  15. https://it.wikipedia.org/wiki/Camillo_Crespi_Balbi
  16. Giuseppe M. Jonghi Lavarini, Claudia Molteni, Il ferro battuto. Arredo e architettura, Volume 6, Di Baio, 1996
  17. Silvio Gambini: la carriera di un architetto tra Liberty e Razionalismo, Busto Arsizio, Comune di Busto Arsizio, 1992
  18. Augusto Spada, Conoscere la città di Busto Arsizio, Busto Arsizio, Città di Busto Arsizio, 2010
  19. ibidem
  20. 225.323,35 € di oggi secondo https://inflationhistory.com/
  21. Sede degli scout inaccessibile – Agesp ha cambiato le serrature; La Prealpina, 19 ottobre 2012
  22. Agesp contro gli Scout: “Sede occupata senza alcun titolo”
  23. https://www.castorini.it/AIC3/
  24. Casa scout, niente ruspe – “Denuncerò l’omissione”, a firma Ma.Li., ritaglio di giornale pubblicato il 26/02/2016 sul gruppo Facebook BUSTO 3 NON SI TOCCA
  25. Identificativo 3105119
  26.  Oltre alla già citata Busta 282 si segnala la 282 per il periodo 1904-7 e la 295 per il periodo 1911-6.
  27.  https://fondoambiente.it/luoghi/rete-fai/delegazione-fai-del-seprio
  28. https://www.sempionenews.it/cultura/eventi-culturali/giornate-fai-di-primavera-il-bello-nascosto-dellarcheologia-industriale/
  29. Fino ad alcuni anni fa era ancora visibile sulla facciata esterna l’insegna con le lettere PT su sfondo giallo, NdA
  30.  https://www.ss33sempione.com/
  31.  Una sede maggiorenne, Enrico Gussoni per Tuttoscout
  32. http://www.bustotre.org/
  33. Carlo Azimonti, Enrico Crespi, Pagine Bustocche, Industria d’Arti Grafiche Pellegatta – Busto Arsizio – 1938 (pag.117)
  34. Ugo Giammarchi, Le Industrie di Busto Arsizio Illustrate, Seconda edizione, Ed. Pianezza – Busto Arsizio – 1933 (pag.12)
  35. ibidem
  36.  A cura di Giuseppe Pacciarotti, Busto l’Altro Ieri, Busto Arsizio – 1994 (pag.62)
  37. A cura di Francesco Ogliari, VARESE GALLARATE BUSTO ARSIZIO cent’anni fa… e dintorni, Edizioni Selecta – 2003 (pag. 89-91)
  38. B.Re.a.T.H.E. Generations: il progetto da 20 milioni del comune per valorizzare Piazza Mercato e non solo
  39. https://www.malpensa24.it/ex-macello-civico-ed-ex-oratorio-di-sacconago-busto-a-caccia-di-altri-10-milioni/
  40. https://sistemaits.it/

 

È possibile votare l’ex-macello civico di Busto Arsizio come “luogo del cuore” all’interno dell’omonima iniziativa del FAI: https://fondoambiente.it/luoghi/ex-macello-civico-di-busto-arsizio?ldc

Scout against Corona

ScoutAgainstCorona_volantinoDato il periodo di emergenza che stiamo vivendo, abbiamo deciso di metterci in gioco e aiutare chi ci sta intorno creando una campagna di raccolta fondi destinata alla Croce Rossa di Busto Arsizio.  I soldi raccolti saranno destinati all’acquisto di dispositivi di protezione individuali (DPI).
Per diffondere la nostra campagna, far compagnia e strappare un sorriso stiamo anche registrando dei video che metteremo sui social.
La nostra impresa è iniziata lunedì 30 marzo, il termine è previsto per venerdì 1 maggio.
Ci farebbe molto piacere se anche voi condivideste la nostra iniziativa.
Abbiamo bisogno di voi! Insieme andremo lontano!

Clicca qui per la raccolta fondi

 

Dichiarazioni di pace: Scautismo e fratellanza mondiale

Liberamente tratto dal libro: «La schiera bella, vigorosa e promettente… Il secolo scout a Busto Arsizio» di Marco Torretta

05
Lo scoutismo, specialmente dalle sue origini centenarie (nacque nel 1907), ha dato talvolta un’immagine ingannevole sul rapporto tra il metodo educativo ed il militarismo. Il metodo scout, sebbene fondato da un generale (Lord Robert Baden Powell) e basato anche sul patriottismo, la salute fisica e la disciplina, è in realtà un principio opposto al militarismo, poiché tende a trasmettere ai giovani esempi e non ordini, e mira all’autoeducazione, controllata da Capi-educatori: “guida da te la tua canoa” è una delle frasi allegoriche, ovvero ogni giovane deve scegliere, nella vita, le azioni da intraprendere e accettarne le conseguenze, senza affidarsi totalmente agli altri); quindi scoprire e sviluppare al meglio il proprio carattere, per essere un “buon cittadino”: la buona azione, il servizio verso gli altri, la spiritualità presente in ogni Fede, ecc.

Non è un caso che il primissimo esperimento scout in Italia, il 26 giugno del 1910 ai Bagni di Lucca, dette vita ai “Boy Scout della Pace”, che avevano per distintivo un giglio bianco in campo azzurro; l’intento pacifista di Sir Francis Vane, che ne fu l’iniziatore, era ancora più significativo proprio perché non erano ancora scoppiate le due guerre mondiali…
Nel 1911 Baden Powell scriveva: «mi sembra che prima che si riesca ad abolire gli armamenti, prima di poter fare promesse a mezzo di trattati, prima di costruire palazzi dove possano sedere i delegati per la pace, il primo passo sia quello di abituare le giovani generazioni, in ogni nazione, a lasciarsi guidare in tutte le cose da un assoluto senso di giustizia. Quando gli uomini avessero questo senso di giustizia come un istinto nella loro condotta in ogni questione della vita, così da guardare imparzialmente ogni problema da entrambi i punti di vista prima di sposarne uno, allora al sorgere di una crisi tra due nazioni essi sarebbero spontaneamente più pronti a riconoscere ciò che è giusto e ad adottare una soluzione pacifica; cosa questa che rimarrà impossibile finché la loro mentalità sarà abituata a considerare il ricorso alla guerra come la sola soluzione».

In alcuni casi ci fu qualche tentativo di strumentalizzazione all’interno dello scoutismo, che venne spesso visto come un’associazione paramilitare o premilitare: a Busto Arsizio come in tutta Italia, dietro sollecitazione del Ministero dell’Istruzione, la sottosezione del CNGEI (Corpo Nazionale Giovani Esploratori Italiani) nacque e venne patrocinata il 20 maggio 1915, quattro giorni prima della dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria; anche se i “venti di guerra” erano diventati ormai una presenza inesorabile…
La successiva nascita, nel 1917, del gruppo bustese dell’ASCI (Associazione Scout Cattolici Italiani) veicolò un atteggiamento meno nazionalista, anche se improntato ad un patriottismo che vedeva nella guerra una inevitabile difesa della Patria.

Dopo l’esperienza terrificante della “Grande Guerra” ci fu una tendenza, in campo internazionale, decisamente orientata verso il mantenimento della pace, da cui la nascita della “Società delle Nazioni” (1919).
Se a ciò aggiungiamo che il Movimento raggiunse, in breve tempo, quasi tutti i paesi del mondo e che già nel 1920 si organizzò, in Gran Bretagna, il primo Jamboree, cioè un campo scout aperto a tutte le nazioni, razze e religioni del pianeta, si può intuire come lo scoutismo ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione di una fratellanza mondiale (nonostante gli ovvii e inevitabili fallimenti delle politiche estere e dei totalitarismi della prima metà del novecento).
B.P. scrive nel 1925: «l’addestramento e la disciplina militare sono esattamente l’opposto di quello che insegniamo nel Movimento scout. Essi tendono a produrre macchine invece di individui, a sostituire una vernice di obbedienza alla forza del carattere».

Nella stessa epoca dell’avvento dei regimi totalitari, quando lo scautismo viene abolito in Italia (1928), in Germania, e in tutti quei paesi in cui il governo si trova in contrasto con le idee di pace e fratellanza che il movimento va diffondendo, BP scrive: «Noi dovremmo inculcare nei nostri ragazzi un patriottismo che sia al di sopra di quel sentimento ristretto che generalmente ci rinchiude nella nostra nazione ed ispira gelosie ed inimicizie verso le altre. Il nostro patriottismo è di un genere più ampio e più nobile, che riconosce la giustizia e la ragionevolezza delle richieste altrui e porta la nostra nazione al riconoscimento ed alla fraternità con fraternità con gli altri popoli del mondo».

Sappiamo, da un libro custodito a Busto Arsizio, che l’ “Aquila Randagia” Mons. Enrico Violi acquistò, in regime di clandestinità, il bellissimo libro in lingua inglese “The World Jamboree 1929”, campo internazionale scout che si tenne ad Arrowe Park in Inghilterra, e che riporta in una pagina questa didascalia:

SQUADRIGLIE DI PACE
La “Lega delle Nazioni” dice, rivolta agli scout: “dicono che non ho
armi, ma perché dovrei volerne, con questi alleati?”
The World Jamboree, 1929 – Arrowe Park

Sempre Baden Powell, nel 1932, scriveva: «Non è l’abolizione degli eserciti che farà scomparire la guerra, così come non è abolendo la polizia che si fa scomparire la criminalità. Bisogna eliminare la causa della guerra: gli eserciti sono piuttosto l’effetto, cioè sono il prodotto della paura e dell’istinto combattivo. E questo è il compito dell’educazione.»
Più oltre nel 1937, una grande speranza: «Anche se l’aspetto più spettacolare del nostro lavoro, i Jamboree e le crociere di pace dei tempi più felici rimane sospeso per la durata della guerra, vi è sempre l¹altra più importante parte del nostro programma, che consiste nel dare ai nostri ragazzi, senza clamore e metodicamente, con l¹esempio e con la pratica, l’abitudine alla buona volontà, tolleranza e comprensione verso gli altri. Queste qualità, se radicate nei nostri scout di oggi, renderanno in futuro la guerra un fenomeno inconcepibile. Perciò non scoraggiatevi. Non c’è mai stato, nel mondo, tanto bisogno di scout in gamba come oggi: e coloro di voi che cooperano alla loro formazione possono essere sicuri di star validamente contribuendo all’avvenire del mondo.»

Il clima internazionale divenne sempre più cupo e inquietante, tanto che B.P. scrisse, nell’imminenza del secondo conflitto mondiale: “Fra poco voi giovani sarete divisi e dovrete uccidervi l’un l’altro, ma quando la guerra sarà finita, ricordatevi, toccherà a voi essere i costruttori della pace”. Baden Powell – Jamboree di Vogelensang – Olanda, 1937

Una volta che la nuova guerra divenne realtà: (nel gennaio 1940) un’idea che era anche di grande attualità: «Nessuno sa quale forma prenderà la pace. Unioni federali, unioni economiche, una Società delle Nazioni risuscitata, gli Stati Uniti d’Europa e varie altre proposte sono sul tappeto. Ma una cosa è essenziale per una pace generale e permanente, di qualsiasi forma: e cioè una totale trasformazione di spirito fra i popoli, una trasformazione nel senso di una più intima reciproca comprensione, di un soggiogamento dei pregiudizi nazionali, e la capacità di guardare con gli occhi degli altri in amichevole simpatia.»

E gli scout in guerra cosa fecero? Ecco alcuni esempi toccanti della 2^ Guerra Mondiale che videro scout di opposti schieramenti salvarsi la vita, come nel caso di un soldato italiano. «Nordafrica: alcuni soldati italiani stavano per essere fucilati da un plotone britannico; l’ufficiale di Sua Maestà vide un Italiano che portava la cintura scout, fermò improvvisamente l’ordine di far fuoco e si avvicinò all’Italiano, seppe che era un ex scout di Roma. L’Inglese era stato scout a Londra, l’Italiano ebbe così salva la vita… »

Persino nella clandestinità alla quale erano costretti gli (ex) scout italiani, ci furono slanci di altruismo non violento: le “Aquile Randagie” aiutarono perseguitati ed ebrei a fuggire in Svizzera; uno di quei ragazzi perse la vita per salvare un perseguitato.

A Busto Arsizio abbiamo la testimonianza dello scout/partigiano Ugo Chierichetti che ricorda l’esperienza di un servizio verso i bisognosi, proprio durante l’occupazione nazifascista: «…Nell’anno 1944, un giovane sacerdote Don Romano Cesana, nuovo coadiutore dell’oratorio della parrocchia di San Michele, iniziava a raccogliere dei giovani non praticanti l’oratorio per organizzarli in un piccolo gruppo clandestino di Scout, con attività prevalentemente di aiuto volontario ai più deboli. A Busto erano giunti molti sfollati per i bombardamenti aerei su Milano e altre città, e ci si trovava in piena carestia. Gli alimenti erano insufficientemente razionati con tessere annonarie personali, e imperava il mercato nero per chi poteva, mancava legna per il riscaldamento, molti anziani, a causa della partenza in guerra di tutti gli uomini validi, erano abbandonati a se stessi. Per costoro ci si diede da fare, come nostra B.A. quotidiana [Buona Azione - N. d. A.], nel limite del possibile e nel silenzio più assoluto.»
Alcuni di loro invece, per forza di cose, parteciparono agli eventi della Resistenza nelle modalità belliche tradizionali, e per questo si autodefinirono i “Ribelli per Amore”, ovvero ragazzi e uomini che avevano imbracciato forzatamente le armi per amore della Libertà e nonostante i principi cristiani a cui si ispiravano le loro formazioni paramilitari.

Nel dopoguerra alcuni rover (scout over 16), anche bustesi, si interessarono al tema dell’obiezione di coscienza, allora non ammessa, incontrando, nel 1964, personalità politiche come Lidia Menapace.
Negli anni sessanta si terranno i processi agli obiettori cattolici. A questo si aggiunsero le forti prese di posizione in favore dell’obiezione di coscienza da parte di padre Ernesto Balducci e di don Lorenzo Milani che trattò l’argomento nella sua opera “L’Obbedienza non è più una virtù” subendo anche un processo.
Nel 1970 viene presentata in Parlamento, una proposta di legge per legalizzare l’obiezione di coscienza. La proposta viene approvata dal Parlamento due anni dopo, con l’istituzione del servizio civile obbligatorio per chi rifiuta di prestare il servizio militare.
L’AGESCI (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani) fece successivamente una chiara scelta preferenziale per il servizio civile.

Nel 2001, dopo la tragedia delle “Torri Gemelle”, questo comunicato ufficiale dell’AGESCI: Combatteremo fino all’ultimo alito della nostra vita contro la legge del più forte usando quella dell’amore. Contro chi vuole strapparci dalla “normalità” per gettarci nella fossa del terrore. Progettando il domani per noi e per i nostri figli. Rispondendo col rimetterci in cammino, senza dimenticare che il nostro obiettivo è concludere il nostro pellegrinaggio su questa terra, avendo raccontato e testimoniato concretamente l’amore che Gesù ci ha fatto sperimentare in vita. Dio ci ha fatto il grande dono d’incontrare gente che lo chiama col nome di Allah, Jhavè, Buddha, a fianco della quale abbiamo lavorato, riso, sofferto e pianto e scoperto la grande verità della storia:
L’AMORE DI DIO non ha nome, razza, lingua, religione, politica, confine o nazione. E per non dimenticare in ogni regione italiana è stata organizzata una veglia di preghiera la sera del 4 ottobre, Festa di S. Francesco, Santo della Pace.
Grazia Bellini, Edoardo Patriarca Presidenti AGESCI Mons. Diego Coletti Assistente Ecclesiastico Nazionale

Prendendo spunto dal fatto che il Gruppo AGESCI del Busto Arsizio 1° aveva aderito ai valori di educazione alla pace ed alla fratellanza tra i popoli del Coordinamento Cittadino per la Pace, vogliamo evidenziare un triste evento che colpì lo scoutismo italiano nel 2003; il servizio reso da alcuni scout-militari caduti a Nassirya va interpretato come una vera forma di patriottismo, e non come una sterile manifestazione di pacifismo indirizzato contro le nostre forze militari; infatti i seguenti Italiani, morti mentre compivano un’operazione di pace, avevano un passato scout:
- Il Vice Brigadiere dei Carabinieri Ivan Ghitti (caduto a Nassirya, e rover del Milano 24);
- il civile Marco Beci della “Cooperazione Italiana” (caduto a Nassirya);
- il dirigente della Polizia di Stato Nicola Calipari (scout dell’ASCI a Reggio Calabria);
Lo scoutismo italiano fu addolorato per queste morti ingiuste, ma non stupito perché, se è ancora attuale leggere le prime righe di “Scoutismo per Ragazzi”, dove B.-P. scrive che: “Immagino che ogni ragazzo desideri rendersi utile alla sua Patria in un modo o nell’altro. C’è un mezzo con cui può farlo facilmente, ed è quello di diventare un Esploratore…” “…oltre agli esploratori militari ci sono anche altri tipi di esploratori, uomini che in tempo di pace compiono un lavoro che richiede lo stesso genere di ardimento e di spirito d’iniziativa… sono uomini abituati a tenere in pugno la propria vita e a rischiarla senza esitare, se rischiarla significa servire la Patria. …E questo fanno semplicemente perché è loro dovere.” Robert Baden Powell – 1907.
Allora il posto di un Esploratore è sempre avanti agli altri, specialmente quando si tratta di rendere un servizio.

MASCI – Dichiarazioni di pace

Cari tutti30
Il Masci Busto vi invita a partecipare alla mostra itinerante sulla pace Dichiarazioni Di Pace che abbiamo portato a Busto dal 16/02/2019 al 10/03/2019 a Palazzo Cicogna col patrocinio del Comune.
Chiediamo il coinvolgimento delle varie branche per creare opere collettive dal titolo “La Bellezza Salverà il Mondo” oppure “Che cosa è per te la Pace” che verranno esposte insieme ai quadri e poesie della mostra itinerante.
Per informazioni:
http://www.artepassante.it/progetti/mostra-itinerante-dichiarazioni-di-pace
Saluti

Riccarda, Masci Busto Arsizio 2