Archivio mensile:novembre 2017

Nuotata con sorpresa

Ciao io sono una zampa tenera del branco Albero del Dahk e vorrei raccontarvi quanto è bello e emozionante fare un passaggio da castorino a lupetto.

Si inizia di sera , tutta la colonia si riunisce intorno a un fuoco. I capi scelgono gli alfieri e gli dicono di andare a prendere la castorina o il castorino che dovrà passare . Dopo aver salutato i Capi e la Colonia gli alfieri seguono il capo e conducono il bambino che dovrà passare vicino ad una tenda. E così è successo a me. Sono entrata nella tenda e c’era il mio capo Roby che mi ha tolto coda e fazzolettone e poi mi ha dato un regalo da parte della colonia e un biglietto da parte del Grande Castoro Bruno. Uscita dalla tenda c’era un lungo telo azzurro che conduceva a un branco, ma io non sapevo quale sarebbe stato il mio branco ed ero un po’ spaventata. Allora sono passata sotto il lungo telo azzurro che era mosso dalle persone che lo tenevano e che mi davano coraggio. Arrivata alla fine del telo era tutto buio e c’erano due ragazze davanti a me che mi hanno portato davanti a quella che sarebbe stata la mia Akela. Qui mi hanno detto che quello era il branco dell’Albero del Dahk e io sono stata felice perché sapevo che c’erano già due bambini che conoscevo. Poi è arrivato anche un mio amico castorino come me della colonia Stella Azzurra e sono stata ancora più felice.

Albero del Dahk

Accoglienza ai passaggi

Cari lettori, siamo i fratelli Silvia e Giovanni e vogliamo raccontarvi come le code nere dei castorini sono entrati nel nostro branco, i Lupi Della Brughiera.

Di sera, verso le 9:00, i castorini erano seduti in diga. Giovanni e’ stato chiamato per primo. Riccardo e Guglielmo l’ hanno portato in una capanna, dove il Grande Castoro Bruno gli ha detto delle cose. Quando ha finito e’ andato a nuotare sotto un telo blu, poi e’ andato da un nostro C.D.A. che lo ha accompagnato poi da Bagheera.

Quando e’ entrato nel branco era emozionato, aveva paura di andare davanti a tutto il branco.

Poi invece ha iniziato a conoscere gli altri lupi e ha cominciato a giocare con loro.

Sarà sicuramente una bellissima esperienza per lui!

Il giorno dopo è venuto il momento dei passaggi C.D.A. Dopo il branco Tikonderoga è toccato a noi. Avevamo solo 3 C.D.A., ma è stato comunque bellissimo.

Il primo a passare è stato Luca, poi Matteo e infine Davide; Luca quando è passato sul ponte era molto emozionato ed è passato nel reparto Phoenix; anche Matteo è passato nello stesso reparto e persino Davide.

Quando hanno incontrato il loro nuovo capo hanno ricevuto il fazzolettone bianco che significa appena entrato.

Per loro è stata una bella esperienza e lo è stato sicuramente anche per tutto il branco, ma soprattutto lo è stato anche per noi, che l’abbiamo vissuta per la prima volta.

Silvia e Giovanni

Lupi Della Brughiera

Il mio campo scout

Cari lettori, sono Silvia del branco dei Lupi Della Brughiera e sono qui perché voglio raccontarvi la mia esperienza al mio primo campo scout da lupetta.

Siamo andati a Maccagno, siamo partiti verso la fine di Luglio e siamo tornati ai primi giorni di Agosto. Abbiamo preso il pullman e poi il treno, diciamo che ci sono state un po’ di fermate. Quando siamo arrivati pioveva e noi ci siamo divertiti a saltare nelle pozzanghere.

Abbiamo visitato la casa; era molto bella, c’era una camera per le femmine e una per i maschi, ma era bella soprattutto perché c’erano i letti a castello, dopodiché abbiamo fatto i letti. Di sera, abbiamo bevuto la camomilla, per farci dormire bene e siamo andati a letto, e così sono passati due giorni.

Giovedì, al mattino siamo andati al lago a fare il bagno; la cosa che mi è piaciuta di più è che Michele, pensando che fosse Sabrina, ha buttato giù dalla zattera per fare i tuffi una bambina tedesca e quella bambina gli avrà detto almeno cinque parolacce in tedesco.

Di pomeriggio abbiamo fatto i giochi d’ acqua, che consistevano nel portare con un cucchiaio l’ acqua in una bottiglia e la mia squadra vinceva sempre.

Di sera siamo andati a letto presto così la mattina dopo eravamo svegli.

Venerdì ci siamo alzati di buon umore; dopo esserci vestiti abbiamo costruito le case degli insetti perché i capi ci hanno detto che gli insetti sono utili. Ci siamo divisi in gruppi e abbiamo incominciato: abbiamo preso del legno, un po’ di chiodi e li abbiamo uniti e un po’ a testa li abbiamo martellati. E’ STATO BELLISSIMO AIUTARE GLI INSETTI!!!

Sabato abbiamo fatto una super colazione: uova e bacon.

Quando poi sono arrivati i nostri genitori abbiamo mostrato le specialità guadagnate durante l’anno scout (io ero fotografo) .

IO ERO MOLTO EMOZIONATA E FELICE DI ESSERE STATA AL CAMPO PIU’ BELLO DEL MONDO !!!

Silvia

Lupi Della Brughiera

Route Nazionale: Una grave dimenticanza


Esattamente due anni fa, sulle pagine di questa ormai storica rivista di Gruppo, iniziai la pubblicazione di un ciclo di articoli che faceva seguito al più importante evento associativo degli ultimi trent’anni: la Route Nazionale di San Rossore. Ero convinto – e lo sono tuttora – che un avvenimento di tale portata richiedesse un lungo tempo di digestione: paragonato, infatti, alla solita minestra dei periodici eventi di formazione previsti dall’AGESCI, questo costituiva senza dubbio un cenone di Natale (di quelli che ti stendono). Non si poteva comprimere una ricchezza tale di esperienze, novità, relazioni ed emozioni in uno striminzito momento di esaltazione; quasi che il senso del motto “Strade di coraggio. Diritti al futuro!” potesse sintetizzarsi in un “volemose bene, semo tutti scout”. Tentai, allora, un percorso di approfondimento commentando nei sei numeri di Tuttoscout dell’anno 2014/2015 altrettanti momenti vissuti in route che per me risultarono particolarmente significativi. E cosa affrontammo insieme diversi temi: l’incontro con l’altro, con la popolazione e le storie attraverso cui ci trovavamo a camminare di tappa in tappa; la semplicità del vivere scout; l’imprescindibile figura dell’A.E. che ci ricorda l’esigenza di tenere fisso lo sguardo su Cristo, in ogni circostanza; luci ed ombre della Carta del Coraggio (a proposito, verrebbe da chiedersi, a distanza di due anni: che ne è stato di tutti quei “ci impegniamo” e “chiediamo”? Sono stati spunti propulsivi per l’attività  dell’Associazione? Hanno stimolato i capitoli dei Clan/Fuoco?); la telefonata di Papa Francesco e l’invito del card. Bagnasco ad essere cristiani liberi; la spiritualità  della strada e della continua ri-Partenza. Ecco, non molto tempo fa, in un momento di sana nostalgia della strada (quella da farsi con gli scarponi ai piedi e lo zaino sulle spalle) nella mia mente si è illuminata una scena che, chissà  per quale motivo, era rimasta nascosta tra le pieghe dei ricordi e inaspettatamente ne è venuta fuori facendomi notare una grave dimenticanza della quale mi ero reso colpevole terminando il ciclo di articoli sulla RN2014 nel giugno del 2015. Dal paese di Riva Valdobbia in Valsesia ci eravamo incamminati di buon mattino verso l’Alpe Larecchio (1900m), dove avremmo trascorso la notte quel giorno. Per tutta la mattina il tempo ci fu avverso: pioggia, vento e freddo accompagnavano i nostri passi, sempre più insicuri su rocce scivolose e sentieri infangati. Verso l’ora di pranzo il cielo ci concesse una tregua e le nuvole si diradarono, ci fermammo a mangiare presso un piccolo agglomerato di case: eravamo bagnati e stanchi, il tempo per cucinare qualcosa di caldo non c’era e allora facemmo finta di accontentarci di qualche scatoletta di tonno e di altre pietanze di analoga prelibatezza. Poi, quasi giunto il tempo di ripartire, una visione: un pentolone fumante di tè caldo si muoveva verso di noi, portato da mani gentili di donna. Una mamma, con la figlia poco più che adolescente, ci invitò a tirare fuori i nostri bicchieri e ci serviva come se fossimo stati tutti suoi figli. Sul momento sentii solo un senso di profonda gratitudine: finalmente qualcosa di caldo, dopo tutto quel gelo! Solo ripensandoci oggi, a distanza di tempo, quasi mi commuovo al pensiero di quell’angelo che si era disturbato per noi. E mi accorgo di quanto sia forte e bella la carità  semplice di chi ti viene in aiuto nel momento del bisogno. Un gesto d’amore materno ricordò a tutti che la promessa di aiutare gli altri in ogni circostanza fatta in chissà  quale sperduto campo scout del passato, non è una formula vuota e scontata, essa è l’espressione di uno stile che deve caratterizzare il nostro cuore e le nostre mani, senza se e senza ma, dovunque e comunque.

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Fiutare l’alba

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“Le stelle si fanno più rade”,disse fratel Bigio fiutando il vento dell’alba “. Dove faremo la nostra tana oggi? Perchè d’ora in poi seguiremo nuove tracce”. E questa è l’ultima storia di Mowgli. Ognuno di noi, ogni fratellino e sorellina che ha cacciato nella giungla, si ricorderà che queste parole, preannunciavano il momento in cui l’uomo sarebbe tornato all’uomo poichè,come dice il saggio Kaa, “una volta liberatici della vecchia pelle non possiamo tornare di nuovo a penetrarvici. E’ la legge. Più in generale è il momento appena vissuto dal nostro Bellissimo ( B sempre maiuscola ) gruppo durante la giornata dei passaggi – festa d’apertura appena trascorsa. I castorini ( code nere ) hanno compiuto la grande nuotata e con dei nuovi bianchissimi denti da lupo si sono ritrovati davanti ad un branco di lupi guidati dal saggio lupo grigio Akela; i lupi ( consiglio di Akela ) hanno salutato i propri fratelli di tana e mentre risuonava l’augurio ” che il favore della giungla vi accompagni ) sono tornati al villaggio degli uomini e gli esploratori / guide hanno incominciato a spingere i propri passi, con zaino sulle spalle, sulla strade che li porterà ad essere uomini e donne della partenza. Addentrandoci nel cuore delle cose ,che cosa significa passaggio? Proviamo a fare un esercizio insieme, torniamo alla prima riga di questo editoriale ( suvvia se sa farlo un cucciolo non c’è d’aver paura ) e lasciando risuonare le parole pronunciate da Fratel Bigio troveremo degli indizi. Trovati? Bene! Il vento dell’alba: seguire nuove tracce indica che questo è uno dei momenti più importanti nel cammino educativo di ogni ragazzo/a che ci vengono affidati. E’ il momento del cambiamento,della scelta,del saluto gioioso a coloro che ci hanno accompagnato nel nostro cammino e dell’inizio intriso di scoperta,curiosità e nascita di legami profondi. Un momento fondamentale in cui un ruolo determinante lo gioca anche l’altro attore di questo processo: la comunità. Qui bisogna parlare di un altro elemento inscindibile quando si parla di passaggio ovvero l’apertura. Non a caso la giornata dei passaggi è accompagnata da queste due parole significative :”Festa d’apertura”. La prima sottende il clima che deve permeare questo momento mentre senza la seconda non ci potrebbe essere vera accoglienza. La parola comunità,a livello etimologico, può essere intesa in tre differenti modi cum munus (dono ), cum moenia ( tra le mura ) e communis (mettere in comune, essere con). Come noi possiamo essere vera comunità?In primo luogo, manifestando l’amore incondizionato della comunità nell’accoglienza gratuita verso il singolo: i lupi che fanno subito risuonare il richiamo di caccia per il cucciolo appena entrato poichè ” oggi il branco ha un lupo in più”, il lupo anziano che dopo aver superato la waingunga viene accolto sul ponte dal reparto e l’entrata in squadriglia seguito dagli urli, la comunità di clan che aiuta il novizio ad alleggerire lo zaino. In secondo luogo, creando una comunità viva e feconda costruendo insieme il muro. Un esempio su tutti: i luoghi. La diga dei castori, la tana dei lupi, la sede di reparto e di clan. Guidati dalla legge e dalla promessa questi luoghi mutano grazie alla comunità si plasmano, si arricchiscono, sono intrisi della storia e delle esperienze vissute. Tutto è pensato e creato dalla comunità ed è per essa. Pensateci la prossima volta che capitate in sede!Ricordiamoci che come si dice nella giungla “la tana è tua casa e rifugio, custodiscila!”. In terzo luogo, creando relazioni vive. Qui un ruolo determinante viene giocato dalla comunità educante : diga,branco,squadriglia,reparto,comunità di clan,pattuglie ecc. Gli esempi potrebbero essere infiniti ma su questo aspetto è meglio lasciarsi coinvolgere dai racconti di coloro che vivono queste esperienze. Provate a chiedere e mettervi in ascolto. Se tutti questi aspetti li abbiamo ( abbiamo fatto la spunta ce l’ho / mi manca ad ogni voce ) vuol dire che siamo in una comunità intesa in senso educativo scout aperta,accogliente,educante.

In questi giorni nuove nuove dighe si stanno costruendo, nuove prede si stanno fiutando nella giungla, nuove esperienze intrise d’avventura stanno per iniziare e nuove comunità si stanno costruendo.

A tutti noi l’augurio di riuscire a fiutare l’alba per seguire nuove tracce e creare nuove strade.

Che il favore della giungla vi accompagni.

Corvo Stravagante

A.E. – Vedrai che bello!

Siete mai stati in montagna a camminare? Ve lo chiedo perché a me capita una cosa strana e vorrei sapere se succede anche a voi…
Vedete, io non sono proprio in formissima e così mentre cammino in montagna i miei pensieri sono piuttosto cupi: mi fanno male le gambe, mi fanno male i piedi negli scarponi, mi pesa e mi da fastidio lo zaino, mi manca il fiato, il sudore che cola dalla fronte mi fa bruciare gli occhi, la maglietta si inzuppa, il sole picchia e brucia, la gola si secca… Poi quando arrivo in cima, come per magia, tutto svanisce: le fatiche, le stanchezze, le paure spariscono e lasciano posto a una grande bellezza al punto che quando ritorno a casa mi resta solo questo ricordo…
E a voi? È mai capitato?
Ho una mia teoria: la vita è complicata e noi ci stiamo dietro a malapena… Ogni momento è intessuto di mille colori: c’è fatica e spensieratezza, dolore e bellezza, preoccupazioni e gioie ma noi facciamo fatica a coglierli tutti… Così il buon Dio ci ha fatto un regalo: nel presente ci ha dato di vedere più vivi i colori della fatica perché non ci perdessimo quelle tonalità ma ha reso i colori della gioia e della bellezza più resistenti nel tempo perché potessimo gustarli per sempre.
Che dite? Sarà vero?

Don Matteo

Il colore del vento

Lontano dalle città, tra le nuvole bianche delle rocce grigie a strapiombo sull’oceano, viveva un’aquila.
Non più di giovane piumaggio, l’aquila trascorreva le sue giornate al sole sulle sue montagne e amava lasciarsi cullare dal vento in voli lievi, chiudendo gli occhi, in piena armonia con il cielo.
Il suo mondo era il cielo ed il vento un caro amico, dai colori sempre diversi, sì, blu intenso quando arrivava da nord e rosso fuoco se da sud est.
Un giorno di fine estate, planando sulle calme acque dell’oceano, l’aquila scorse una creatura marina mai vista da così vicino. A pelo d’acqua, affiorò il dorso liscio e brillante di una creatura d’aspetto mite.
D’improvviso un guizzo, che fece spaventare l’aquila: il muso della creatura marina si aprì e con un sorriso bellissimo, la lingua morbida e rosea, si mosse ed un suono simile ad un gemito, ne uscì. La creatura si levò dall’acqua, vibrando in cielo, per poi rituffarsi in mare. L’aquila non aveva mai visto quella creatura e stava per tornare alle sue montagne, quasi spaventata, quando fu da lei chiamata. “Sono un delfino e tu, imponente uccello, chi sei e da dove vieni? ”
L’aquila muovendo pian piano le grandi ali, rimase ferma, cercò di rispondere al delfino e quasi dal becco giallo oro, non usciva suono, tanto che il delfino si volle avvicinare.
Due mondi, cielo e mare, erano così vicini, come mai. Stessi colori, azzurro, blu, bianco, uguale essenza, abitata da creature tanto differenti quanto uguali nel cuore.
Vicini per poco tempo, poterono parlare e scoprirsi.
Per diversi giorni l’aquila tornò a parlare con il suo nuovo amico e lui si allontanava dai suoi simili per rivederla, finchè il delfino dovette un giorno, riunirsi agli altri suoi simili.
Salutò dolcemente l’aquila in un abbraccio fra cielo e mare e rituffandosi nelle acque blu, raggiunse gli altri.
Per un po’ l’aquila seguì con lo sguardo il suo amico allontanarsi, finché non fu più in grado la sua vista, di scorgere fra le acque, la sagoma brillante di quella creatura marina.
Un vento rosso fuoco la riportò fra le sue montagne.
Creature tanto diverse, dallo stesso cuore, che un giorno condivisero lo stesso mondo in un cuore solo.

t. r.

Breve storia di un mezzo veloce

ttscout160 (25)Gli scout, si sa, amano e rispettano la natura. Un’altra cosa che gli scout amano fare è girare il mondo andando alla ricerca di nuovi posti da esplorare.
Uno sporco extra associativo potrebbe non notare, a prima vista, quale sia il problema eppure, chiunque abbia intrapreso la strada dello scoutismo (prego immaginarsi suono di trombe festanti) subito comprende la situazione: per viaggiare in lungo ed in largo, infatti, spesso bisogna fare affidamento a mezzi inquinanti e irrispettosi della natura quali automobili, autobus, motoslitte ed elefanti (aspettate che tutta la bella frutta che mangiano finisca di marcire nel loro stomaco e poi parliamo di emissioni tossiche).
Un problema apparentemente insormontabile il quale è stato affrontato, nei secoli, da alcuni degli scout più ingegnosi della Storia. Gli scout dell’età della pietra, per esempio, erano soliti fare le route a bordo di giganteschi Mammut, i quali funzionavano sia come mezzi di trasporto che come fonte di cibo durante le varie tappe. Nel 1492 un reparto di Genova sperimentò addirittura un nuovo tipo di imbarcazione nel tentativo di aggirare le spese autostradali durante lo svolgimento campo all’estero, accidentalmente scoprendo l’America. Charles Darwin, grande uomo di scienza, tentò di introdurre le tartarughe giganti delle Galapagos come mezzo di trasporto, le quali purtroppo non ebbero grande fortuna tra gli scout inglesi.
Nessuna di queste soluzioni, purtroppo, è sopravvissuta a lungo. Le cause sono tra le più disparate, come il rialzo del prezzo della carne di mammut o la costruzione delle autostrade sul continente americano.
Ma la soluzione era dietro l’angolo! La rivoluzione industriale, iniziata nel tardo ’800 da degli scout inglesi come esperimento per ingrandire la città e rendere le uscite domenicali nei boschi un’esperienza più speciale, ha infatti portato alla nascita di innumerevoli nuovi mezzi di trasporto… tutti inquinanti.
Tranne la nostra amica bicicletta. Dopo millenni di tentativi e fallimenti, finalmente gli scout avevano il loro metodo per viaggiare in lungo ed in largo, senza inquinare! Naturalmente, con la tipica lungimiranza che li contraddistingue, gli scout (prego immaginarsi nuovamente suono di trombe festanti) sono stati i primi ad apprezzare questa grandiosa invenzione, ma non gli unici. Così quello che è iniziato come un semplice mezzo per camminare in maniera più comoda (originariamente non aveva nemmeno i pedali) si è evoluto nelle svariate modalità di biciclette oggi in commercio, come la BMX, la bici da cross, il tandem ed il monociclo, per non parlare degli infiniti accessori aggiungibili al modello base, che la rendono adatta ad ogni occasione: come i parafango, la dinamo, la mitragliatrice, il portapacchi o il carrello per portare in giro di tutto.
Insomma, per una volta, si può davvero dire che con l’utilizzo della bicicletta abbiano vinto tutti. Madre natura può tirare un breve sospiro di sollievo, gli scout possono godersi la meravigliosa avventura ad impatto zero che è l’uscita in bicicletta, ed il mondo nella sua integralità ha guadagnato un metodo perfetto, infallibile ed indiscutibile per sapere in quali finesettimana, assicurato al 100%, pioverà.
Ma questa è un’altra storia.

Tricheco Birbante
(prego immaginarsi suono di trombe estremamente festanti)

La doppia vita di Bebe Vio

ttscout160 (24)Ho conosciuto (anche se purtroppo non di persona) Beatrice Vio, detta Bebe, come scout prima che come schermitrice grazie ad un servizio di Saverio Tommasi (Trenta cose che ho imparato sugli scout, lo trovate su YouTube).
Quando i suoi successi, tra cui l’oro alle Paralimpiadi di Rio del 2016, l’anno innalzata all’onore delle cronache ho potuto conoscerla meglio e scoprire cosa ci fosse di più.
Non voglio raccontarvi tutto di lei (questo articolo non basterebbe certo) ma, avendola finalmente incontrata a Tradate per un evento di presentazione del suo libro “Mi hanno regalato un sogno”, vorrei farvi capire perché per me Bebe non è semplicemente una bravissima atleta.
Ecco, preso dal volervi raccontare mi sono dimenticato di dirvi che Bebe, nome totem Fenice Rossa, tira di scherma da quando ha 5 anni ma, per una grave malattia, ha perso entrambe le braccia ed entrambe le gambe ad 11.
Adesso fa tutto con le protesi: dal lavarsi i denti al ballare in discoteca.

Quando Bebe inizia a parlare è incontenibile e gesticola animatamente (e chiunque mi conosca può capire perché apprezzo questa sua caratteristica). Parla benissimo con i bambini, li coinvolge, gli spiega le cose con semplice entusiasmo. Bene, Bebe è innanzitutto vera, trasparente: non ha remore a dire che “partecipare è importante ma si partecipa per vincere, perché tutti vogliamo vincere!
La gara, il pregustare il calcio “alle prime due lettere di impossibile”, la vittoria che “in un solo attimo ti fa tirar fuori così tante emozioni… che sembri un po’ un pirla”.
Proprio di una gara mi piacerebbe parlarvi, cercando di ricordare le sue parole, ed è una gara scout…

Dopo una delle operazioni andai al campo estivo. Passando dal pulito di casa al fango del campo scout mi si infiammò la ferita (dell’amputazione). Vennero a prendermi i miei e mi portarono in ospedale dove mi sistemarono, mi diedero degli antibiotici e mi rimandarono a casa chiedendomi di “star ferma a riposo”. Appena uscita però risalii subito al campo.
Ero in carrozzina e non potevo aiutare la squadriglia a fare legna o cosa simili, ma ero vice-caposquadriglia e cercavo di darmi da fare. Un giorno c’era la gara di cucina e, ovviamente, la competizione era al massimo. Stavo cucinando delle zucchine grigliate con formaggio e pancetta. Solo che, un po’ per la foga della gara un po’ perché non ho molta sensibilità alla gamba, ero troppo vicina al fuoco che bruciava bello vivo. Avevo i leggings e ho iniziato a vedere del gonfiore in fondo al moncone. Ho pensato “tanto sono sotto antibiotici” e sono andata avanti senza volerci badare.
Come nella scherma, in cui in gara può succedere tutto perché c’è rabbia, concentrazione eccetera, ma dopo si chiede scusa all’avversario se si è andati giù troppo forte, così a fine gara ho alzato il pantalone per vedere cosa avevo combinato e ho visto questa bolla enorme. Era un’ustione di secondo grado.
Non ho voluto chiamare i miei genitori perché avrebbe voluto dire non finire il campo. Quindi abbiamo preso la nostra bellissima sacchetta dell’infermeria da in fondo alla sporchissima cassa di squadriglia, con coltello e forchetta abbiamo bucato la bolla e abbiamo medicato.
Alla fine del campo, quando sono arrivati i miei, la medicazione era sporca di terra ed erba ma non ho più avuto problemi. Così sono riuscita a farmi il mio campo scout.

Ora (penso ai miei amati repartisti) alla prossima gara di cucina state attenti al fuoco e, se per caso vi ustionate, non operatevi con coltello e forchetta. Ma la grinta che questa storia mostra, unita alla semplicità con cui Bebe l’ha raccontata, mi ha fatto venir voglia di condividerla con voi.

Se volete conoscere di più Bebe Vio potete informarvi anche sull’associazione Art4Sport fondata dalla sua famiglia per favorire gli sport paralimpici in Italia.
Geco coinvolgente

La Penna d’Oro

ttscout160 (1)La Pattuglia Comunicazione del Gruppo AGESCI Busto Arsizio 3 è parte della Redazione di “Tuttoscout” insieme a Marco, il simpatico signore con la barba che fa sempre le foto ai nostri eventi e che si occupa della stampa di questo periodico. Ma ogni Tuttoscout durante tutto l’anno non sarebbe pubblicabile se non fosse per i moltissimi fratellini e sorelline che trovano un po’ di tempo per raccontarci le loro attività e le loro esperienze scout.
Abbiamo quindi deciso di ringraziarvi per la pazienza e l’attenzione che ci date con un premio: la Penna d’Oro, consegnata all’unità che ha prodotto il maggior numero di articoli per i Tuttoscout di quest’anno.
A vincere per l’anno 2016-17 (numeri dal 154 al 159) è il Reparto Pegaso con 12 articoli, seguito dal Branco Tikonderoga con 10 e dal Clan Kypsele con 8.
Con questo numero si apre la sfida per l’anno nuovo, sperando che possa essere altrettanto ricco delle vostre esperienze, ricordi ed emozioni.

La PcD