Archivio mensile:marzo 2016

Pensare

Quando vado in montagna, anche fosse per fare due passi, cerco di avere sempre in spalla lo zaino con dentro qualcosa. Certo è più faticoso salire con un peso sulle spalle ma quel peso, quella sostanza che mi tira verso terra, mi aiuta a fare del mio camminare una cosa seria. Mi raccomando: non seriosa, ma seria, cioè piena di significato e di attenzione. E mi fa gustare di più quel cammino, mi riempie di più gioia.
Pensate che la parola pensare viene dal latino: significa “pesare”. Come si fa con la bilancia. Talvolta pensare ci pesa, perché ci piacerebbe correre via leggeri e spensierati. Ci illudiamo forse che sentire le spalle libere sia libertà. Invece quel peso che riusciamo a dare alle cose è la vera libertà. Perché ci fa gustare tutta la profondità delle nostre scelte, delle nostre relazioni, della nostra vita.
Pensare dà quindi senso e bellezza alla vita ma diventa anche uno stile per andare incontro agli altri. Pensare al nostro modo di agire e parlare con loro, chiederci come aiutarli a pensare per conto loro: è il nostro modo di dare peso alle persone che abbiamo accanto, che Dio ci ha fatto incontrare.
Scusate la citazione lunga ma qui sotto troverete un Gesù che pensa e che aiuta a pensare.
Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosé, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; và e d’ora in poi non peccare più”.
Pensateci!
don Matteo

Servizio: lettera della partenza

Caro Clan,
anche per me è giunto il momento di salutarvi e scrivervi la mia lettera della partenza. Intanto un grazie a voi, mia comunità di clan, che mi avete trasmesso tanti valori ed emozioni che non dimenticherò mai; Ad elencarli tutti, la lettera sarebbe diventata troppo lunga, ma grazie a questi valori sono riuscito nonostante la mia forte timidezza ad esprimermi e a mettermi in gioco nelle differenti realtà (quella scout e quella al di fuori).
La mia gratitudine verso lo scoutismo è così grande che ho voluto fare una scelta di servizio in associazione. Certamente la gratitudine non basta per fare una scelta di questo tipo.
Infatti credo che lo scoutismo, attui una azione educativa veramente efficace, che veramente incide nella crescita dei ragazzi, un metodo che consente a ciascuno di dare il meglio di sé. La mia esperienza personale dice proprio questo: nello scoutismo impariamo a superare i nostri propri limiti e guardare il futuro con ottimismo, sconfiggendo le nostre paure.
Nel mio cammino di fede ho imparato che la sofferenza, che tutti incontriamo nella vita, si può affrontare e sostenere creando relazioni d’amore significative con le persone che ci circondano. Questo amore, che il Signore mi ha fatto conoscere facendosi carne, lo voglio vivere e testimoniare.
Ho trovato tanta ricchezza nello scautismo e una cosa che mi ha sempre particolarmente colpito è stato accorgermi di quanto fosse importante il servizio, sia quando ero oggetto che quando ero soggetto attivo dello stesso.
Infatti spesso ripenso a tutti quei capi che ho incontrato nella mia storia scout, senza i quali non potrei essere la persona che sono.
Sono convinto che in una realtà che ci presenta molte contraddizioni e disuguaglianze, ciascuno di noi debba fare la propria parte per lasciare il mondo migliore di come l’ha trovato. Bisogna sporcarsi le mani per attuare un cambiamento che parte dalla singola persona per riflettersi nel territorio in cui viviamo.
Sono dunque pronto a prendermi il mio zaino di responsabilità e mettermi in marcia.
Mi auguro di incontrare lungo il mio cammino molti di voi per condividere insieme questo impegno.
Vi aspetto, dall’altra parte della barricata a braccia aperte.
Buona strada
Peruzzo Matteo
(Koala Compagnone)

Generazione X: L’abito non fa il monaco

Ciao a tutti, cari amici ed amiche, e bentornati ancora una volta sulla nostra rubrica di “generazione X“.
Tutti noi siamo sempre in cerca di qualcosa, vuoi che siano gli occhiali, di un’occupazione oppure qualcosa di intangibile che riusciamo a visualizzare solo nella nostra mente.
Ci sono poi persone che hanno trasformato l’attività dell’andare a ricerca di qualcosa nel proprio lavoro anzi, nella propria missione di vita.
Fino al secolo scorso questi venivano chiamati “esploratori” ed è grazie al loro impegno in posti come l’Africa nera o in Sud America che sono state scoperte le cascate Victoria o la sorgente dell’infinito Rio delle Amazzoni.
Purtroppo ormai il periodo delle grandi esplorazioni, a esclusione dello spazio, è finito. Ma gli esploratori non sono del tutto scomparsi, per fortuna.
Grazie all’intervento di un simpatico uomo baffuto infatti, milioni di ragazzi in tutto il mondo continuano la gloriosa tradizione degli “esploratori”, perpetuando i loro ideali di competenza, avventura e ricerca.
Semplicemente, se un tempo si andava alla ricerca di meraviglie naturali e archeologiche disperse o sconosciute, compito dell’esploratore moderno è di andare alla ricerca di (e cercare di portare) positività e giustizia nella vita di tutti i giorni.
Due cose che, anche se forse meno fotogeniche, possono essere tanto difficili da trovare come un tempio maya in una giungla inesplorata.
Pensando che chiunque di noi non abbia difficoltà ad immedesimarsi, almeno un po’, nella descrizione sovrastante eppure, molto spesso, appesa la promessa al chiodo (o, più realisticamente, posata nell’armadio) ed indossati gli abiti civili, ecco che il solito tran-tran del mondo ci circonda e ci permea, facendoci magari dimenticare i nostri ideali del fine settimana.
Si mangiano panini fuori? Nessun problema! Ecco che ci portiamo dietro i sacchetti per la raccolta differenziata dei rifiuti e, se ci sono (e ci sono sempre) cerchiamo di pulire i rifiuti degli altri.
Senza uniforme invece, diventa un’impresa non buttare la confezione di alluminio della merendina nella carta, solo perché l’apposito contenitore non è a tiro d’occhio. Quasi come se gli abiti borghesi, oltre a coprire un po’ più di pelle, coprissero anche tutti i nostri buoni propositi. L’uniforme invece sembra il costume di Super-man: con quella indosso ci sentiamo di poter fare qualunque cosa.
Eppure, per sua stessa decisione, Super-Man non compie atti eroici solo col costume addosso.
Se ci pensiamo, Clark Kent avrebbe potuto sfruttare i suoi superpoteri per diventare un atleta ricco e famoso senza fare il minimo sforzo, invece il supereroe ha deciso di trascorrere la sua esistenza civile come giornalista del Daily Planet, convinto che il miglior modo di servire la giustizia senza indossare il costume sia di denunciare i problemi della tua città e del mondo attraverso articoli dettagliati e veritieri.
Allo stesso modo, per noi dev’essere sempre importante ricordarci che, per quanto sicuramente l’ambiente scout aiuti, il nostro comportamento non dovrebbe essere influenzato soprattutto da quello che c’è fuori, ma da quello che sentiamo dentro, da quelli che dovrebbero essere gli ideali che abbiamo deciso di seguire.
Tricheco birbante

Una giornata fuori dall’ordinario

Una rivoluzione d'amoreOggi 7 febbraio 2016 io e il noviziato Aretè abbiamo pernottato a Busto Arsizio per svolgere la seguente attività: Volontariato al reparto pediatria dell’ospedale di Busto. Il nostro compito era sostanzialmente “far divertire i bambini” seguendo i consigli dei volontari, che prestano lì servizio quotidianamente o almeno un paio di volte alla settimana.
Dato che il nostro noviziato è particolarmente numeroso (ovviamente, e PURTROPPO, non è vero) ci siamo dovuti dividere, per poter svolgere servizio, in due gruppi: uno svolgeva il turno sabato dalle 15 alle 17; l’altro la domenica sempre dalle 15 alle 17.
Purtroppo i bambini presenti da poter aiutare non erano molti perché il week end, anche se malati, tendono a passarlo assieme ai genitori; ma come un capo ci ha fatto notare il nostro “purtroppo” era per loro un “per fortuna” poiché molti non avevano potuto vedere durante la settimana i propri genitori perché quest’ultimi lavoravano. Comunque, io e il mio gruppo di altre 7 persone siamo andati la domenica pomeriggio. Come detto prima i bambini non erano molti, anzi saranno stati meno di 10 più le 2 volontarie del quale al momento non ricordo con certezza il nome; appena arrivati i bambini erano molto felici di vederci, e iniziammo immediatamente a giocare con loro. La prima fase del servizio è stata il calcio balilla dove i bambini con un età compresa tra i 4 e i 13 anni si sono sbizzarriti, e con sbizzarriti intendo che ognuno “inventava” nuovi tiri e li chiamavano sempre con modi diversi. La seconda fase è stata quella della buona e vecchia Nintendo Wii dove Matteo e Chiara hanno potuto mostrare le loro doti nel ballo con just dance 2014. La terza fase dove sono entrato in gioco io è stata quella dei palloncini dove ho potuto mostrare le mie doti nel “modellare” i palloncini dando loro forme di animali o oggetti. Le volontarie ci hanno rivelato che erano molto felici di vederci e dar loro una mano perché la maggior parte di esse passa il week end in famiglia e inoltre perché la minor differenza di età rispetto ai bambini li metteva più a loro agio, anche se qualcuno non riusciva comunque ad aprire bocca per la timidezza. Con i bambini ci siamo divertiti molto, passando un pomeriggio molto bello pensando solo al divertimento, proprio come se avessimo perso una decina di anni a testa. Ci siamo sentiti realizzati nel vederli felici e ciò ci ha reso ancora più contenti, perché, il tempo trascorre molto lentamente in un letto di ospedale, ma se ci si riesce a distrarre vola via senza accorgersene.
Testuggine Capace

Cittadini del mondo: imparare da piccoli a… pensare in grande!

Per essere “cittadini del Mondo” come voleva B.P. siamo chiamati tutti i giorni ad agire nel “mondo” in cui abitiamo (la nostra casa, la nostra città, il nostro Gruppo…) guardando però al mondo in cui viviamo, inteso come tutto il nostro pianeta e tutti i nostri amici e fratelli scout. In questo numero particolare, dedicato alla fratellanza scout internazionale, volevo raccontarvi di alcuni progetti interessanti, in cui mi sono imbattuto, che stanno unendo gli scout da tutto il mondo e di cui potreste far parte anche voi.

Il primo di questi è Messengers of Peace, una rete organizzata dalla World Scout Foundation su iniziativa di Re Abdullah dell’Arabia Saudita che, rimasto impressionato dall’impegno degli scout in tutto il mondo, ha voluto cercare di riunire le varie associazioni nell’ambito della pace: si va dalle attività benefiche nei sobborghi malfamati alle spedizioni per allestire campi profughi in zone di guerra o calamità. L’obiettivo è di mostrare al mondo (e agli altri scout) quello che sappiamo fare e, allo stesso tempo, unire dove sia possibile le forze per fare di più. I tre grandi ambiti di azione sono la dimensione “personale” della giustizia ed equità, la dimensione “comunitaria” della pace e nonviolenza e le “relazioni” tra gli uomini e tra l’uomo e l’ambiente.
Insomma: c’è n’è per tutti!

Un’altra iniziativa è lo YUNGA Project, la “Alleanza Globale della Gioventù e delle Nazioni Unite”. Detta così è davvero altisonante: si tratta di un progetto nato dall’ONU, FAO (l’organizzazione delle Nazioni Unite per il cibo e l’agricoltura) e alcuni altri enti tra cui il WAGGGS (l’associazione mondiale delle scout, di cui bambine e ragazze portano il distintivo insieme a quello AGESCI).
Uff! Che introduzione! Ma quindi? Di che c’azzecca questo YUNGA con noi scout del Bustotre?
Ebbene, tra le iniziative proposte vi è quella dei “Challenge Badges” (non spaventatevi di tutto questo inglese: avendo la FAO sede a Roma praticamente tutto il materiale è disponibile anche in italiano), ovvero dei distintivi che possono essere ottenuti dopo aver raggiunto delle prove e compiuto delle missioni in vari ambiti (eco-sostenibilità, nutrizione, energia pulita…) con la propria unità sul proprio territorio. Sono, insomma, delle specie di “specialità di reparto” (o di branco, cerchio, clan…) a livello mondiale! Nemmeno io o il nostro Squizzo, che tra Moot e Jamboree abbiamo fatto manbassa di distintivi da tutto il mondo (ok, più lui…) possiamo vantare certe chicche!
Se cercate un’impresa o una sfida per quest’anno scout vi consiglierei di darci un’occhiata…

L’idea comune tra questi due progetti è di fare, anche se con qualche stimolo diverso o in più, quello che già facciamo (imprese, capitoli, missioni…) ma inserendoci in una “visione più grande”, mettendo direttamente a confronto quello che facciamo con i nostri corrispettivi di tutti i continenti. Si tratta di passare, piano piano, dal pensare “in piccolo” alle sfide che abbiamo intorno, davanti agli occhi tutti i giorni, per arrivare a muoversi e agire sulle “grandi sfide” che ci accomunano.

Prima di chiudere volevo “mettervi la pulce” (almeno ai più grandicelli) per un altro progetto che però, purtroppo, è stato un po’ ridimensionato: scoutface!
Il concetto era un po’ quello dei progetti sopra: connettere scout di tutto il mondo in un “social-network tematico”. Se abbiamo Scout-pedia, perché no?
Purtroppo la mancanza di fondi e di volontari ha costretto i fondatori a sospendere “momentaneamente” il sito (e ciao a quasi tutti i contatti scout-internazionali che mi ero fatto, mannaggia!), però la voglia rimane e scoutface adesso è una pagina di Facebook molto attiva nel diffondere informazione sullo scoutismo mondiale.
Siate curiosi!
Geco Coinvolgente

Contro il rammollimento della branca E/G

Negli ultimi tempi assistiamo di continuo ad un fenomeno particolare: pochi vogliono essere ciò che sono.
Anche gli scout sembrano presi dall’assurda voglia di vivere nel futuro o rimpiangere il periodo passato, dimenticandosi così di vivere la realtà nell’istante presente. Quando ero in servizio in branca L/C un folto gruppo di lupetti portava il fazzolettone “alla reparto” (sarebbe a dire: nodino impercettibile e cementificato sul fondo, cosicché se mi trovo senza corde in un’emergenza e mi serve qualcosa per legare posso escludere di utilizzare il mio fazzolettone); nulla di nuovo, ai miei tempi si diceva “alla Orione” perché gli esploratori di quel reparto lo portavano così. Senonché una domenica mattina, mentre assistevo un lupetto nella complicata operazione di ritiro del sacco a pelo, mi si fa avanti un tosto lupo della legge che mi fa: “Hathi, guarda, io rifaccio il sacco a pelo alla reparto”. Lo guardo dubbioso: come sarebbe rifare il sacco a pelo “alla reparto”? Scopro allora che tutti gli esploratori e le guide, a detta del lupetto, semplicemente buttano il sacco a pelo nella sacca e lo pressano sino a che questa possa chiudersi. Ho sempre pensato alla interazione tra branche come ad un bene (lo abbiamo sperimentato anche lo scorso B.-P. Day con un’attività interbranca): per i ragazzi del reparto è un’occasione, un piccolo servizio, poter giocare con i fratellini e sorelline più piccoli e d’altra parte la branca L/C esiste in quanto fase preparatoria al reparto (lo dice B.-P. nel Manuale dei Lupetti: «Tutti i ragazzi hanno la possibilità di apprendere come diventare Esploratori entrando dapprima negli Scouts, proprio come nei tempi antichi gli Scudieri imparavano a divenire cavalieri. E così anche i piccoli Esploratori, i “Lupetti”, come i paggi di una volta che si preparavano per divenire Scudieri, possono imparare come divenire Esploratori quando ne avranno l’età»).
Certo, il presupposto per un felice incontro è che i grandi sappiano essere d’esempio, ed è esattamente per questo che svolgo ora il mio servizio in branca E/G. Sarà che ho cambiato da poco, ma ogni tanto ho qualche problema di identità: oscillo tra Hathi e Carlo Maria.
Mi sembrava di essere tornato nella Giungla quando il Con. Ca. (per i non addetti: il Consiglio Capi è, salvo eccezioni, costituito dai capi reparto e da tutti i capi squadriglia) si è visto pervadere da un vivace entusiasmo per la scelta del tema del campo invernale. Il tema è il filo conduttore del campo, grazie al quale è possibile passare uno specifico messaggio e ambientare le diverse attività; negli ultimi tempi quasi sempre si cede a film e cartoni animati molto simpatici e i capi non ci badano molto perché, tutto sommato, “basta che ci sia un tema per le scenette di lancio dei vari giochi”.
Da troppo tempo, insomma, il tema è sinonimo, anche in reparto, di “ambiente fantastico” all’interno del quale, appunto, ambientare le diverse attività.
C’è un problema: “l’ambientazione” è un elemento tipico del metodo L/C. Per carità: il Consiglio Supremo dell’Agesci non avrà nulla da ridire se utilizziamo strumenti di altre branche, la cosa non ci è vietata da nessuno. Come spesso accade, però, sconvolgere l’ordine creato ha delle conseguenze non banali: un uso massiccio, non controllato, dello strumento “ambientazione” in branca E/G conduce alla lupettizzazione. E così noi avremo lupetti che, coerentemente, aspirano a divenire esploratori ed esploratori che, accidenti, vogliono tornare lupetti! Lo stadio avanzato (cui, mi pare, siamo già giunti) comporta che quando si parlerà di “Up!” o di “Madagascar”, i ragazzi sfoggeranno capacità argomentative invidiabili per sostenere che l’uno è meglio dell’altro; quando si parlerà, invece, di impresa (che è rischio, avventura, sogno, progettazione, fatica…) un silenzio religioso avvolgerà il cerchio di reparto e il monito sibilante del vecchio Kaa si farà di nuovo sentire: “Quando abbiamo mutato la pelle, non possiamo rientrarci di nuovo”.
Carlo Maria

Dare da mangiare agli affamati: misericordia a Fagnano Olona

Il reparto Orione ha inaugurato il percorso di catechesi sul tema giubilare incontrando prima di Natale un testimone coerente della prima opera di misericordia corporale. Di seguito il breve resoconto di una squadriglia.

Il signore che oggi è venuto a trovarci si chiama Norberto ed è il presidente dell’associazione Pane di S. Martino di Fagnano Olona.
Questo nome deriva dal santo a cui era dedicata la prima parrocchia del paese: nella festa di S. Martino infatti era usanza distribuire ai fedeli del pane benedetto che veniva poi distribuito nelle case del paese e donato agli abitanti più poveri.
L’associazione si occupa di distribuire il cibo alle famiglie più bisognose mediante il sistema del banco alimentare, utilizzando le eccedenze di supermercati, industrie e della stessa Unione Europea; è formata da volontari che fanno collette e distribuiscono il cibo una volta al mese cercando il più possibile di instaurare rapporti di fiducia con le famiglie aiutate, avvicinandosi all’idea di una misericordia possibile per l’uomo attraverso l’aiuto materiale del prossimo.
Ognuno nel suo piccolo può aiutare queste famiglie offrendosi come volontario per le collette o aderendo al progetto “famiglie solidali” ed impegnandosi così nell’acquisto periodico di determinati beni di consumo necessari alle famiglie sostenute dall’associazione.
Sq. Iene

Un campo ghiacciato

Ciao sono un C.D.A. dei Lupi della Brughiera e vi voglio raccontare la mia esperienza del campo che ho fatto a gennaio.
Dopo un lungo viaggio in treno siamo arrivati a Domodossola e abbiamo preso un pullman che ci ha portati a Macugnaga.
Arrivati lì ci siamo sistemati, dopodiché abbiamo costruito con le nostre mani dei fantastici slittini in legno e subito dopo tutti a messa!
L’indomani ci siamo alzati di buon’ora e dopo una nutriente colazione ci siamo vestiti con l’equipaggiamento da neve e via pronti per partire.
Arrivati in vetta siamo scesi con i nostri slittini e le palette ma purtroppo dopo un po’ è arrivata anche la sfortuna a farci compagnia: i nostri bellissimi slittini si sono rotti! Da buoni scout non ci siamo fatti cogliere di sorpresa e non ci siamo demoralizzati; avevamo la soluzione: dei resistenti sacchi della spazzatura da usare come slitte.
Dopo un’oretta abbondante ci siamo rimessi in marcia e, dopo aver camminato per un po’, è arrivata l’ora di pranzo. Abbiamo mangiato con un meraviglioso panorama del Monte Rosa a farci da sfondo. Sulla strada del ritorno abbiamo anche mangiato il dolce: delle stalattiti di ghiaccio.
Il giorno seguente un’altra avventura: la pista di pattinaggio! All’inizio eravamo sempre tutti per terra, poi abbiamo iniziato a fare il giro tondo e infine tutti veloci come il supereroe Flash.
Anzi meglio.
Ma le cose belle durano sempre troppo poco… giusto il tempo di sistemare tutto e mangiare qualcosa ed era già ora di salutare Macugnaga.
Tutti cotti come delle pere siamo saliti sul pullman e ci siamo addormentati sognando quei bellissimi momenti che avevamo trascorso al campo.
Domenico

Il venditore perfetto

Ciao sono Diego e vorrei raccontarvi di una nostra caccia divertente. Era una domenica di gennaio soleggiata e calda ed i genitori ci hanno portato alla chiesa di San Michele di Busto Arsizio.
Purtroppo non eravamo in molti ma i capi Scout ci hanno comunque divisi in due gruppi i quali avrebbero assistito a due messe diverse.
La parte più bella della giornata è stata quando abbiamo venduto torte, pasticcini e altri dolci squisiti. Mi è piaciuto soprattutto perché abbiamo corso in giro chiedendo alla gente di comprare i nostri prodotti. Abbiamo addirittura provato a vendere alla pasticceria di fronte, ma naturalmente senza successo.
Io ho provato ad imitare i venditori di cocco sulla spiaggia e dicevo a voce più alta: “torte, torte a basso prezzo, torte a 10 euro”. Quando Akela ci ha avvisati che sarebbe iniziata la prima messa ho cominciato a chiedere alle persone che entravano in chiesa ma in un secondo momento mi è venuto il dubbio che fosse un errore chiedere alle persone che si stavano preparando alla funzione.
Al finire della seconda messa siamo andati in sede per pranzare, poi abbiamo ascoltato due progetti per delle specialità e infine è stato un piacere andare a casa per raccontare la giornata a mamma e papà.
Diego