Archivio mensile:gennaio 2017

HANNO LASCIATO UNA TRACCIA – Folke Bernadotte

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Ritorna la rubrica che racconta di quegli scout che hanno lasciato una traccia sul proprio percorso particolarmente preziosa e tangibile.

Folke Bernadotte conte di Wisborg (Stoccolma, 2 gennaio 1895 – Gerusalemme, 17 settembre 1948) è stato un politico, diplomatico e filantropo svedese, noto per aver negoziato e ottenuto la liberazione di circa 31.000 prigionieri dai campi di concentramento tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Dopo il conflitto, inviato come mediatore dalle Nazioni Unite nella controversia israelo-palestinese, fu ucciso da un gruppo sionista nel 1948 a Gerusalemme.
Figlio del conte Oscar Bernadotte e nipote del re Gustavo V di Svezia, si iscrisse come ufficiale di cavalleria alla scuola militare di Karlberg. Fu nominato tenente nel 1918 ed in seguito arrivò al grado di maggiore.
Lui e sua moglie, Estelle Manville (1904-1984), furono molto attivi nello Scautismo e nel Guidismo. Bernadotte fu direttore dell’organizzazione scout svedese (Sveriges Scoutförbund) a partire dal 1937. Allo scoppio della seconda guerra mondiale si adoperò per integrare gli scout nei piani di difesa svedese, addestrandoli come assistenti medici e nella difesa antiaerea.
Fu vice presidente della Croce Rossa svedese dal 1943, e presidente nel 1946.
Durante la guerra si dedicò al soccorso degli internati civili in Germania per conto della Croce Rossa Internazionale. Riuscì a salvare circa 15.000 persone dai Campi di concentramento, compresi migliaia di ebrei. A tale scopo si incontrò nel marzo 1945 con Heinrich Himmler ottenendo che i prigionieri civili norvegesi e danesi potessero essere trasferiti in Danimarca.
Negli ultimi giorni di guerra trattò con Heinrich Himmler alcune condizioni della resa nazista; gli Alleati non diedero ascolto a queste proposte ed il precipitare degli eventi rese inutile la mediazione di Bernadotte. Subito dopo la guerra si adoperò a favore della popolazione civile tedesca e soprattutto dei bambini, nelle gravissime condizioni che si erano create con il crollo dello Stato tedesco.
Nel maggio del 1948 fu inviato dall’ONU in Palestina come mediatore fra gli Arabi e gli Israeliani in guerra. Riuscì per due volte a imporre ai contendenti una tregua ma fu assassinato in territorio israeliano, durante la seconda tregua, dalla banda Stern, un gruppo di terroristi della destra sionista israeliana che già avevano ucciso l’Alto Commissario britannico, Lord Moyne al Cairo, meritandosi dal Primo Ministro britannico Winston Churchill l’epiteto di “nazisti”. La banda Stern era stata integrata nelle Forze di Difesa Israeliane pochi mesi prima, e l’assassinio di Bernadotte fu una delle ultime operazioni del gruppo.
Dopo la sua morte, avvenuta il 17 settembre 1948, le ostilità furono riprese per la terza volta e durarono fino al 10 luglio 1949.

Scegli il bene… con gioia!

Ci complichiamo le cose, adesso! Non bastava quest’anno chiederci di “scegliere il bene!”, questo avvento ci chiede anche di sceglierlo con il cuore che esplode per la felicità!
Non credere che basti spendere tutte le energie a disposizione di te stesso per metterti in gioco, per dire da che parti stai. A noi scout, oggi, ci è chiesto di farlo ancora meglio: con il sorriso nel cuore!

Credici, fa tantissima differenza! Un sorriso sulle labbra contagia, ma quando si capisce che la gioia arriva dal “di dentro”, allora tutto cambia: abbiamo scoperto che chi ci sta davanti ha fatto strada insieme a Gesù, e ha scoperto il sentiero che porta alla Felicità! Cerchiamo insieme cuori contenti!
Cosa vedrà di noi, allora chi ci incontrerà? Quali parola ascolterà da noi chi ci saluterà? Volti felici e parole contente!

Eliminiamo subito i brontolamenti, le lamentele, le “menate” inutili! Se faremo così, diventeremo dei trasmettitori di gioia, dei ripetitori di felicità, delle antenne per la serenità! Saremo una “casa accogliente”, che forse convincerà qualche Muso Lungo a cambiare faccia!

Quali sono gli ingredienti per questa impresa? Dai, da scout li conosciamo già: fraternità nella comunità, capacità di alleggerire le forme di chiusura e maldicenza, non rimanere mai inattivi o passivi, cercare di essere sempre accattivanti e coinvolgenti! L’animazione, il divertimento, la spontaneità, l’amicizia e la condivisione possono davvero cambiare le cose, in Bene, in Meglio!

Don Claudio

Fare il bene è una forma di privacy

Immaginate, per un solo istante, di trovarvi catapultati nel vostro quiz Tv preferito. Intorno a voi centinaia di facce mai viste vi scrutano e giudicano mentalmente la vostra performance. Il loro sguardo perforante, misto ai riflettori puntati su di voi vi fa sentire sempre più accaldati.
Dopo qualche istante la vostra attenzione viene catturata dal conduttore. “Ansioso di essere arrivato fino all’ultima domanda?” vi chiede, con quel sorriso di chi la sa lunga.
Qualche altra frase di circostanza e poi, ecco finalmente svelata la domanda da un milione di euro.
È una domanda un po’ speciale, però. Anziché essere una domanda di conoscenza generale o una curiosità popolare, è una domanda estremamente più personale: “hai trovato un portafoglio per terra pieno di soldi: cosa fai?”
Tra le risposte ce n’è una che suona perfetta: “lo restituisco al proprietario”.
Dopo un breve silenzio, forse più per riaversi dell’emozione di essere arrivati fin lì che per indecisione, scegliete senza esitazione la risposta… facciamo che quella fosse la risposta “B”.
Avete scelto B, ed avete azzeccato, una musica trionfante inizia a suonare, luci stroboscopiche illuminano l’oscurità e coriandoli cascano dal soffitto. Il conduttore si congratula con voi “Non è stato tanto difficile, no?”
Ora cambiamo scenario.
Siete sempre voi il protagonista, ma questa volta il portafoglio, sempre naturalmente imbottito di soldi, lo trovate sul marciapiede proprio mentre state tornando a casa a piedi, stanchi ed infreddoliti dopo una lunga giornata.
Cosa fare? Lasciare il portafoglio sulla strada, considerando che magari il proprietario verrà a cercarlo più tardi? Cercare se c’è un qualche negozio nelle vicinanze e chiedere ai commessi se il portafoglio è di un cliente? Andare direttamente alla polizia? Oppure, perché no, tenerselo? In fondo chiunque possa permettersi di portare in giro così tanti soldi ne avrà sicuramente altrettanti a disposizione.
Il tempo passa, le temperature calano sempre di più e voi siete per strada, completamente da soli, a dover compiere la vostra scelta.
Ed è proprio lì che vi lascerò. Non farò compiere al vostro personaggio alcuna scelta.
La seconda situazione è decisamente la più realistica dei due esempi, ma non solo nel senso che probabilmente ci è già capitato di avere a che fare con un bene prezioso (proprio un portafoglio) smarrito e dover decidere come e se restituirlo.
La seconda situazione è più realistica nel senso che quando il destino ci pone a dover scegliere se fare o meno il bene, spesso la fa in una situazione del tutto anonima.
La scelta del bene, infatti, quasi mai comporta grandi acclamazioni o un pubblico pronto a complimentarsi con noi per la scelta appena compiuta. A volte non comporta neppure un ringraziamento e, sicuramente, scegliere il bene non è mai facile come azzeccare la risposta giusta su quattro opzioni.
Eppure, proprio per tutte questa limitazioni la scelta del bene appare, a mio avviso, incredibilmente allettante. Spesso quando si sa che si verrà premiati si compiono certe cose proprio in vista del premio, ma in questo caso il compiere una buona azione è già di per sè il premio.
Assieme alla speranza, per i più ottimisti la consapevolezza, che quel bene non potrà far altro che generare altro bene. Anche se noi magari non riusciremo mai a vederlo.

Tricheco Birbante

Il noviziato: l’anno della scelta

Il Noviziato, come è noto, è un anno di passaggio tra il reparto ed il clan. Quest’anno è stato introdotto proprio per permettere all’adolescente di riflettere e decidere se la scelta scout, che è stata fatta in primo luogo dai suoi genitori quando era bambino, può essere fatta da lui in prima persona quando è ormai un adulto.
Certo, è vero che anche il lupetto/coccinella e l’esploratore/guida fanno la promessa, ma la consapevolezza di un bambino di 8 anni o di un ragazzo di 12 non è certo quella di un diciassettenne che chiede di unirsi al clan. I nostri capi ci hanno spiegato che tutte le attività che svolgeremo quest’anno sono finalizzate a farci capire se il percorso scout è adatto a noi oppure no. Infatti a Novembre una delle nostre prime attività è stata un incontro con Don Claudio e insieme abbiamo parlato della famiglia. Ognuno di noi ha espresso le sue riflessioni facendo riferimento alla esperienza personale ed il Don ci ha aiutato a capire in profondità il senso di questa struttura sociale così importante nella vita di ogni uomo. In un altro pernotto invece abbiamo riflettuto sul rapporto uomo-donna insieme ai nostri capi.
Questi argomenti possono sembrare un po’ noiosi ma io credo che invece sia fondamentale prenderci alla nostra età del tempo per riflettere su cose che alla fine determineranno la nostra felicità futura perché la famiglia e l’amore sono essenziali nella vita di ognuno. Ma che c’entra questo con la scelta scout? Io ritengo che un ragazzo non vada semplicemente agli scout ma sia uno scout e che quindi la vita faccia parte degli scout e gli scout facciano parte della vita.
Se quindi a Maggio decideremo di unirci al clan non staremo semplicemente decidendo come trascorrere i nostri sabati e le nostre domeniche ma staremo anche scegliendo quali uomini e quali donne vogliamo essere. Tutta la vita degli uomini, visto che siamo dotati di libero arbitrio, è infatti una continua successione di scelte ed è intuitivo che tra il male e il bene è meglio il bene. Sinceramente credo che essere uno scout sia un bene perché da quando sono scout sono più felice rispetto a prima e ciò che ci rende felici deve per forza coincidere con il bene.

Giacomo Droghetti
Valerio Filippi

Riflessione sull’educazione

La vera educazione è un sistema di aiuto a doppia entrata nel quale quelli che hanno fatto la scelta di mettersi al servizio dell’uomo e della sua promozione devono anzitutto accettare il principio che non esiste la crescita dell’educando disgiunta da quella dell’educatore, che entrambi sono inseriti nel processo in cui evolversi è sinonimo di vita e il cui stabilizzarsi è inequivocabilmente segno di recessione e, infine, che tutto ciò che per l’uomo ha consistenza, solidità, durata resistenza all’usura ed alla routine nasce dall’interno in funzione dei quali l’educando e l’educatore sono entrambi e separatamente protagonisti. Un sistema di interdipendenza basato sul principio dell’autodeterminazione.

Vittorio Ghetti

Da “R/S Servire” n.4, 1971

Il governo del Branco

Negli ultimi giorni prima del Referendum Costituzionale che ha monopolizzato le cronache italiane e contagiato perfino quelle estere, mi sono trovato a ricordare un’attività che feci da lupetto.
Una domenica pomeriggio il nostro branco giocò “al governo”. Non mi ricordo tutto nei particolari ma funzionava più o meno così: ognuno poteva formare, insieme a tre o quattro persone anche di altre sestiglie, un “partito” e candidarsi alle elezioni. Il branco votava i candidati e questi governavano sostanzialmente decidendo chi doveva pagare le tasse e in che misura.
Le tasse si pagavano con soldi conquistati in vari giochi o sfide che scandivano il tempo della “vita politica”.
Ebbene alle prime elezioni della giornata vinsi e formai il primo governo con i due o tre candidati nella “lista” che avevamo formato. Ero diventato presidente del Branco Antares, o quantomeno ministro…
Giocammo, ognuno conquistò la propria paga “con il sudore della fronte” e quindi ci riunimmo per deliberare la “legge finanziaria”. Sarà che eravamo inesperti e ingenui, ma non avevamo molte idee su come si fanno queste cose, quindi andammo un po’ a sensazione: “Quelli che non hanno le calze blu pagano un soldo”. O qualcosa del genere.
Tra chi si lamentava e chi si sfregava le mani si riscosse il dovuto e si giocò un’altra manche. Dopodiché di nuovo decidemmo chi doveva pagare.
Ora non ricordo bene chi scegliemmo ma fatto sta che, alla fine, c’erano un po’ di fratellini e sorelline che avevano pagato due volte e alcuni che non avevano tirato fuori neanche un (falso) dollaro.
Non ci volle molto prima che i mormorii di disappunto si trasformassero in bisbigli negli orecchi e infine in azione. Tre lupi entrarono in mezzo al cerchio chiedendo “elezioni anticipate” per “mandare a casa” il nostro governo ingiusto. La democrazia fece il suo corso e fummo “sfiduciati”.
Molte cose si dimenticano, ma ricordo ancora bene le sensazioni che provai riprendendo il mio posto nel cerchio mentre l’ala dei vincitori festeggiava.
Innanzitutto pensavo “Uffi, ero tra quelli che decidevano e adesso dovrò fare quello che decidono gli altri”, ma più che la rabbia c’era il dispiacere del “se avessimo avuto un’altra occasione avremmo potuto fare una legge migliore. Insomma non c’era bisogno di andare alle elezioni, si poteva discuterne…”. In fondo ricordo anche un po’ il dispiacere di non essere stato all’altezza, di aver deluso.
Al turno dopo mi sembra che abbiano pagato tutti, il che è interessante.
Non ricordo poi come sia andato a finire il gioco, ma ripensandoci da capo quale sono ora riconosco che era veramente geniale, roba da esperimenti sociali ad alto livello!
Se ci pensate, infatti, si giocava di branco senza distinzioni di sestiglia, ma se era la sestiglia che alla fine aveva più soldi a vincere allora le poche regole fissate bastavano a generare un gioco davvero complesso: ogni sestiglia avrebbe dovuto, volente o nolente, collaborare con le altre alla formazione dei governi (per non essere svantaggiata e governare) con sufficiente equità da non essere “deposta”.

Penso che non sia un caso che un’attività del genere sia rimasta archiviata in un cassetto della mia mente e non cestinata come chissà quante altre che magari da bambino mi erano apparse anche più divertenti. È stato un ottimo esempio di “imparare facendo” che consiglio di provare a ripetere.

Enrico Gussoni

Un campetto di vita quotidiana

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tutto in perfetto ordine…

La settimana scorsa, dal 22 fino al 26 Dicembre, non è stata come le altre, infatti noi capi e vice del reparto Pegaso l’abbiamo passata insieme ai nostri capi, in sede. Infatti dormivamo, mangiavamo, studiavamo (talvolta), insieme. Ognuno aveva degli orari diversi dagli altri, c’era chi tornava prima da scuola e per questo cucinava oppure chi aveva pochi compiti o li aveva già terminati e si occupava di fare la spesa e di cucinare alla sera. Ci siamo organizzati in modo che ognuno di noi in tutta la giornata facesse qualcosa. Ogni sera infatti prima di andare a dormire ci riunivamo per un punto della situazione, in questo tempo si discuteva a giro degli orari del giorno seguente, di ognuno di noi in modo da organizzarsi per il meglio, inoltre si decideva le varie mansioni come: cucinare, lavare le pentole ecc… in questa settimana inoltre abbiamo anche organizzato l’attività per il weekend insieme ai capi e devo ammettere che è stato molto complicato, non pensavo che organizzare un’attività implicasse così tanta fatica e invece mi sono dovuta ricredere! Chi lo avrebbe mai detto che fare il capo fosse così difficile? Come sempre agli scout scopri che le cose che ritieni certe in realtà sono l’esatto opposto.
Un’altra cosa di questa settimana speciale è che ho scoperto che fare le cose più noiose come i compiti o pulire le pentole, fatte insieme agli altri sono divertenti. Durante questa settimana ho avuto modo di conoscere meglio il mio capo squadriglia, gli altri ragazzi presenti e infine i capi in un ambito che non è quello scoutistico ma bensì nella quotidianità. Vorrei infine dire che questa esperienza la riproporrei per l’anno venturo e consiglio agli altri reparti di fare la stessa esperienza!

Laura Merlo

Una magica trasformazione

Ciao sono Elena Venegoni, e oggi vi voglio raccontare la mia esperienza al campo.
Il campo mi è piaciuto tanto perché era qui vicino, questo ha permesso a tutti i capi di esserci nonostante lavorassero.
La casa dal fuori non mi ispirava, ma dal dentro era spaziosa, pulita e accogliente; il posto mi piaceva ma era pieno di zanzare che ci hanno lasciato delle belle punture. Del campo mi ricordo la storia della vita su San Francesco, il personaggio che mi ha colpito di più è stato il brigante, che da cattivo grazie a San Francesco è diventato buono. Poi mi ricordo la sera in cui le C. d. A. sono andate a dormire in tenda. La cosa m ha reso triste perché a breve passeranno in reparto, già sono rimasta male quando Vittoria (una cocci) è tornata per sempre in Ecuador. Il giorno dopo siamo andati in gita alla Palude Brabbia, non pensavo di camminare così tanto, è stato molto faticoso, ben 18 chilometri (ma ne è valsa la pena perché abbiamo visto farfalle variopinte, uccelli da una torretta e un fiume che attraversava la valle)! Una serata c’è stato San Scemo dove tutte noi abbiamo ballato e cantato. Io ho ballato “vorrei ma non posto” con Birtukan e Martina e siamo arrivate 2° poi con Margherita e Beatrice abbiamo ballato “Chandelier di Sia” e sempre con Birtukan ho cantato “Roma Bankok” e siamo arrivate 6°.
Il campo è stato basato su “Harry Potter” e l’ultimo giorno c’è stata la grande magia: siamo andate a letto coccinelle e al mattino ci siamo svegliate lupette. All’inizio del campo le più grandi già sapevano che ci saremmo trasformate in lupette però non sapevamo come si sarebbe svolta la cosa ma ci siamo messe d’accordo per non dire niente ai capi. A me all’inizio l’idea della trasformazione non mi è proprio piaciuta, ma poi ho pensato che l’esperienza da coccinelle è stata bellissima e quella da lupetta sarà certamente uguale. Questa è stata la mia esperienza al campo.
Ciao a tutti

Elena