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Un anno da lupetta per Alessia

Il lupo di AlessiaCiao,
mi chiamo Alessia ed è da un anno che pratico lo scautismo. Sono nel branco Tikonderoga e mi diverto tanto con i miei compagni. Nei Tiko facciamo tanti bei giochi come il buldogg, che consiste nel prendere in braccio i compagni, oppure palla scout. All’inizio avevo paura che non mi accettassero, perché loro formavano un gruppo più compatto, invece… con l’aiuto dei miei compagni, sono diventata una vera lupetta. La mia attività preferita è pernottare in tutti i posti possibili ed immaginabili. Il mio preferito è stato quello a Dormelletto.

Ciao
Zanella Alessia

Un anno da scout vissuto da lupetto

Lupo della legge Lorenzo dei Tiko a rapporto: ho iniziato tre anni fa come piccolo castoro per volere dei miei genitori ed oggi, che sono lupetto da quasi un anno, mi sento ancora più entusiasta del primo giorno: e adesso vi racconto il perché. Intanto non ho mai trovato un posto dove, nel rispetto di regole ben precise, si vive con grande libertà: ad esempio ho imparato che quando Akela ci chiama dobbiamo correre tutti velocemente per formare il cerchio, ma una volta li tutti insieme, ognuno può esprimere la propria opinione condividendola con gli altri.
Durante un pernotto invernale ho anche imparato che è meglio non svegliarsi troppo presto e chiaccherare con l’amico vicino. Io l’ho fatto e Want-olla mi ha mandato fuori con le calze bagnate in pigiama a camminare sulla neve. Vi giuro che la prossima volta, anche se mi sveglio prima, non disturberò più nessuno… lezione imparata, grazie Want-olla!
In questi miei primi nove mesi da lupetto, ho capito che, nonostante il nostro branco sia numerosissimo (siamo più di 40 bambini!), ciascuno di noi è fondamentale per tutti gli altri: se infatti uno solo di noi interrompe la catena telefonica con la quale abbiamo la responsabilità di avvisare un altro lupo per l’attività del weekend successivo, si rischia di lasciare tutti gli altri a casa danneggiando l’attività del branco. Ringrazio tutti i miei capi per come mi hanno accolto: Akela tanto severo nel far rispettare le regole, quanto buono se le esegui, Bagheera, Chil, Ikki, O-o amorevoli e coccolose come una brava mamma: Kaa, Fratel Bigio, Rama e Jakala per come ci incoraggiano durante le varie attività.
Ed infine non posso dimenticare il nostro mitico Baloo dal quale ho imparato che l’amore verso gli altri significa anche saper sopportare i difetti altrui. Un esempio su tutti il fatto che nonostante Akela sia un tifoso del Torino, io, cuore bianconero, gli voglio bene lo stesso.
Bye bye a tutti i Tiko e… forza Juve!
Lorenzo Tosi

Un Natale accogliente

Ciao a tutti, sono Elena Venegoni ed oggi vi voglio raccontare di quando noi coccinelle siamo andate in una casa d’accoglienza.
Lì si trovava un ragazzo che mi ha colpito molto, perché nonostante la sua “nostalgia di casa” ci ha raccontato la sua storia, ci ha cantato una canzone ed ha ballato insieme a noi: io mi sono divertita molto.
Oltretutto questi ragazzi ci hanno fatto fare il loro albero di Natale, loro sono stati molto accoglienti nei nostri confronti e senza vergogna ci hanno raccontato le loro disavventure, perché non è facile abbandonare il paese dove si è nati, abbandonare la famiglia “per colpa della guerra” e cercare un nuovo paese per ricominciare una nuova vita lontano dalle loro famiglie.
Loro ci hanno fatto molto divertire e ci siamo lasciati con la promessa di una cena da condividere assieme.

 
Elena Venegoni

La mia famiglia scout

CerchioArcobaleno136Ciao, mi chiamo Vittoria ed appartengo al Cerchio Arcobaleno del Bustotre.
Essendo ormai passato tanto tempo da quando sono entrata a far parte di questo gruppo che considero come la mia seconda casa, voglio condividere com’è stata la mia esperienza.
Ricordo quanto ero emozionata, però allo stesso tempo in ansia al pensiero che non ce l’avrei fatta ad intraprendere questa nuova avventura. Però qualcosa mi riempiva il cuore: “volevo essere all’altezza delle aspettative del gruppo.

I primi giorni sono stati un po’ difficili ma col passare del tempo ho preso fiducia di me stessa ed ho conquistato la fiducia di tutti, ricordo con tanta nostalgia quando ho preso il fazzolettone bianco e “la promessa” poi.
Mi sembra sia stato ieri e mi rendo conto di quanto sono cresciuta da allora.

Ho imparato tante cose dal cerchio, gli insegnamenti dei capi (Mamma Scotty e Arcanda) e delle cocci più anziane: la solidarietà, il rispetto, il coraggio e a non vergognarsi, ma quando è arrivato Antonio (Arcanda) ci ha incoraggiate maggiormente a tirare fuori il meglio di noi dimostrando i nostri valori nelle attività organizzate dalla staff.

Al pensiero che quest’anno finisco la scuola elementare mi vengono i brividi, perché significa che devo lasciare tutti voi, però Dio permettendo so che Vi porterò sempre nel mio cuore.

Grazie per aver condiviso con me la Vostra amicizia e il Vostro sapere.

Vittoria Juina

Un anno da scout vissuto da genitore

Un altro anno da scout vissuto da genitore sta per finire, e per me è il quarto.
E se è vero che, da un lato il tempo vola, dall’altro restano indelebili i ricordi, di cui anche questo anno ne è pieno.
Due su tutti: per primo l’emozione provata in quella serata piovosa di fine settembre durante il passaggio di Lorenzo dai “mitici” castorini ai Tiko. In famiglia se ne parlava già dall’estate con Lorenzo, combattuto come noi tra l’entusiasmo di vivere questo cambiamento, e la paura di lasciare per sempre il “fantastico mondo dei castori” condiviso intensamente per due anni con il fratellino Tommaso: dunque un doppio distacco con io e Federica a chiederci “chissà come la vivranno i due fratellini”?

Le nostre preoccupazioni sono state fugate in un attimo. Lorenzo si è inserito nei Tiko alla grande, e Tommaso si è responsabilizzato di più senza il fratello maggiore con il risultato finale che oggi entrambi sono ancora più maturati e convinti nel proseguire le loro attività scoutistiche.
L’altro momento che ricordo con grande piacere è stata l’organizzazione a gennaio della “cena medioevale” per raccogliere i fondi necessari per poter realizzare al meglio la trasferta dei nostri bambini ad Ostia e Roma di marzo. Ma al di là del piacere di condividere con gli altri genitori ed i capi l’organizzazione dell’evento, volevo sottolineare lo spirito di solidarietà interno che si vive in queste occasioni, dove si ricorre ad opere di autofinanziamento a supporto delle varie attività il cui principio ispiratore è quello di “cavarsela da sé e tra sé”, donando poi ciò che avanza anche agli altri. Ritengo questa un’esperienza di grande crescita sia a livello personale che sociale.
Infine concludo ringraziando, penso a nome di tutti i genitori, i nostri “angeli capi”, che di generazione in generazione ci ripropongono, attualizzandolo all’epoca in cui si vive, quello stile di vita tipico degli scout, fatto e permeato da principi fondamentali quali la solidarietà, la condivisione, la fiducia nell’altro, il rispetto dell’ambiente, la carità. Io posso garantire tutto ciò perché sono stato lupetto 40 anni fa: era un’altro mondo ma quegli “angeli” di allora sono gli stessi di oggi con un nome diverso.
Grazie di cuore

 
Emanuele

Prendersi la colpa: il castorino che voleva essere capo

«Erica, lo sai? Ho deciso che da grande voglio fare il capo scout!»
È il mio castorino preferito a parlare. Mi guarda dal basso in alto, con un larghissimo sorriso sdentato non proprio pronto a rosicchiare.
Lo so, lo so! Non si dovrebbe avere un castorino preferito, ma se può essere un’attenuante, confesso che in effetti ho moltissimi castorini preferiti: praticamente tutti quelli che ho incontrato.
Ad ogni modo, non faccio in tempo ad aprire bocca che lui è già scomparso. Chiaramente stava parlando a decisione già presa, dirlo ad alta voce era puramente a titolo informativo.
Il giorno dopo, si ripresenta con un’espressione più seria: «Erica, sai, ho deciso che non voglio più fare il capo scout.»
Sono colta alla sprovvista, di nuovo. Ogni tanto dimentico che i castorini sono bestioline complicate.
Mi guarda dal basso in alto e questa volta si aspetta una risposta.
«E come mai?» chiedo.
«Beh, perché se un bambino va a giocare nel bosco e si perde o si rompe la testa è tutta colpa tua.»
La sensazione è quella di trovarmi di fronte alla sintesi di un sofisticato studio di fattibilità, con una chiara definizione dei pro e dei contro. Pare che a questa storia del capo scout abbia pensato davvero per bene, così cerco di ribattere in modo altrettanto intelligente, ma mi trovo subito in difficoltà.
Parlare con i castorini è estremamente bello e al contempo tremendamente complicato, perché ti costringono a quella linearità che arriva direttamente all’essenza delle cose, districandoti dal groviglio dei giri di parole tipici dei discorsi eruditi, nei quali è facile perdere il filo. Tutto questo senza però scadere nella banalità o camuffarsi dietro a fuorvianti diminutivi e vezzeggiativi. Vogliono risposte vere, risposte semplici. Veloci, anche. Quelli più tosti ti intrappolano con una lunghissima catena di rapporti causa-effetto, che procede indefinitamente attraverso una raffica di “perché” che sembrano dover portare alla comprensione dell’origine del mondo o alle prove dell’esistenza di Dio.
Come dei piccoli Socrate, ti interrogano spronandoti a snocciolare fino all’osso qualsivoglia argomento, fino a farti concludere da te, che in effetti non sai proprio niente di niente.
Ci provo:
«Sì, è vero, ma se i capi avessero paura di prendersi le colpe non potremmo giocare insieme, né fare i pernotti, né i campi… e poi i castorini lo sanno che non si devono mettere nei pericoli. Al massimo ti può capitare che ti sbucci un ginocchio.»
«Io me lo sono sbucciato il ginocchio!»
Mi mostra con una punta di fierezza le pellicine miste a sangue coagulato, quasi fossero ferite di guerra.
«Lo so, ma va bene ogni tanto sbucciarsi le ginocchia.»
Ci pensa su, non l’ho convinto.
«Va beh, tu fa’ come vuoi!» conclude pacifico. Mi abbraccia frettoloso e se ne va con il solito sorriso sdentato. È così poco, ma anche ripensandoci adesso non ci trovo nulla da aggiungere.
Erica

La Freccia Rossa all’Università Cattolica

Freccia Rossa cartolinaLa storia della Freccia Rossa della Bontà, l’impresa scout del 1949 raccontata dal Clan Zenit insieme a Federica Fratini, è arrivata anche all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
È
stata la professoressa Carla Ghizzoni ad invitare, giovedì 12 maggio, Ilaria Scandroglio ed Enrico Gussoni all’interno di una lezione del corso di Storia delle Istituzioni Educative. Gli ex scolta e rover anziani dello Zenit hanno agganciato il loro intervento alla lezione sulla disputa educativa e politica tra la Chiesa Cattolica e il regime fascista culminata nei “fatti del ’31”. Partendo da un doveroso accenno all’attività dello scoutismo clandestino tra il 1926 e 1945 e un riferimento all’attività di soccorso e aiuto a rifugiati e perseguitati politici dell’OSCAR, si è introdotto il discorso della nascita del roverismo italiano e della vocazione al servizio tipica di questa branca.

Da lì all’incontro con Don Gnocchi, una figura che gli allievi delle materie pedagogiche rincontreranno nel proseguo dei loro studi, il salto è guidato dalle condizioni della Milano dell’epoca, in cui “il sindaco Greppi indisse una colletta tra i più agiati per pagare i vaccini contro la tubercolosi” e dove “c’erano bambini che morivano di poliomielite”.

Con un accenno alla scoutismo “Malgrado Tutto” e all’attuale impegno di AGESCI nell’accogliere la disabilità, si è quindi arrivati all’impresa vera e propria: mentre le immagini scorrevano sul proiettore si ripercorreva la strada e gli incontri compiuti da quei rovers e dai loro tre capi, coraggiosi in primis ad accettare e proporre questa sfida educativa.

Non si è trascurato di menzionare l’appoggio istituzionale ed ecclesiastico al “Raid Milano-Oslo”, ne i suoi significati più profondi. Al di la dell’impresa avventurosa e “sportiva”, infatti, centrale rimane la meta del “Moot della riappacificazione”, l’incontro che per primo dopo la guerra riunì rover da tutto il mondo, e la connessa visione pacifica e profetica di un’Europa unita in pace e solidarietà.

LogoRNOvviamente, parlando a giovani coetanei di coloro che quest’impresa l’hanno vissuta e di cloro che l’hanno poi raccontata nel volume “La Freccia Rossa – 1949: diario di un’impresa scout attraverso l’Europa” non si è potuto dimenticare di menzionare il significato presente di questa impresa e l’ottica di “diritti al futuro” con cui si è deciso di raccontarla durante il Capitolo e Route Nazionale 2014: il fatto che questi ragazzi non aspettarono di essere “adulti” per essere cittadini, ma si misero in gioco appena possibile per un obbiettivo grande.

L’intervento, come il libro, ha destato stupore e interesse tra gli studenti e i complimenti della professoressa Ghizzoni per la “ricerca storica svolta fuori dell’ambito universitario […] analizzando tutti i tipi di fonti: iconografiche, stampate e orali…”

La prossima occasione per raccontare della Freccia Rossa sarà a Marnate il 2 luglio, nella sera di una due giorni che unirà scoutismo e volontariato presso la Casa di Alice.

PartecipAssociAzione

frontiere_9Dove inizia la PARTECIPAZIONE
Nella storia associativa abbiamo sempre creduto che la partecipazione di ognuno sia fondamentale. La discussione, il confronto, l’ascolto, il saper proporre e il poter decidere insieme sono sempre stati il nostro stile.
E’ così che viviamo il nostro essere educatori.
Partiamo di qui per ricordarlo a noi stessi. L’AGESCI è un’associazione educativa, non un movimento; operiamo tutti per una missione concreta, condizione che permette ai singoli di compiere in autonomia le proprie scelte politiche.
Perciò, per parlare di partecipazione e rappresentanza in AGESCI occorre partire dall’esperienza vissuta in Comunità Capi. Condividere in Co.Ca. l’avventura dell’educazione – parlando tra capi dei nostri ragazzi, comprendendone i problemi, verificandone i bisogni, elaborando delle proposte per loro e insieme a loro -  è un’ esperienza di partecipazione. La partecipazione in Co.Ca. si concretizza nel progetto educativo e tutta la Comunità Capi ne è responsabile.
Viviamo così uno dei momenti più complessi e più ‘magici’ della nostra esperienza di capi: quando parliamo dei nostri ragazzi, di come si stanno inserendo in branco/cerchio, di come vivono il ruolo di responsabilità da Capo squadriglia, dei timori per le missioni, delle proposte di servizio fatte per loro in Comunità R/S, l’esperienza condivisa della responsabilità educativa è il senso più alto della partecipazione. Non può essere altrimenti. Il fatto che questo processo prescinda dal metodo del voto o dalla definizione di una maggioranza, da mozioni e verbali, non ne riduce il valore. Andare a fondo nel comprendere un problema, restare nel confronto per il tempo necessario a scegliere insieme: questo è il metodo che adottiamo.
La partecipazione associativa – che viviamo a partire dalla Co.Ca. – ha il proprio fondamento nella fiducia. Merita fiducia chi, fratello o sorella scout, condivide l’avventura di educare e contribuisce a migliorare il mondo. Merita fiducia e ci rappresenta. Non per quel che pensa, nei suoi personali orientamenti politici, ma in ciò che abbiamo scelto insieme e che dà l’impronta al suo  stile vita.

Partecipare in ASSOCIAZIONE
Non diversamente accade ad ogni livello associativo. Ogni scelta è orientata a rendere la nostra proposta educativa la migliore possibile, ed è sempre compiuta con lo sguardo rivolto ai ragazzi.
Si discute nelle assemblee di zona, in regione, a livello nazionale: dal confronto alla scelta, dalla scelta all’azione, ovvero l’educazione. Ogni livello e organo associativo, ciascuno per il proprio ambito di competenza, per quanto Statuto e Regolamento gli attribuiscono. Ogni scelta così compiuta, ad ogni livello e secondo quanto stabilito, vale come volontà dell’Associazione.
Crediamo nei processi assembleari, nelle scelte di ampio respiro affidate a collegi ristretti, Consigli e Comitati, chiamati a concretizzarle. Sono queste le scelte che ci rappresentano, compiute nella fedeltà al Patto Associativo che ci unisce.
In forza di ciò gli organi associativi ci rappresentano e parlano per noi.

Partecipazione, AZIONE o attivismo
È un dubbio ricorrente. Possiamo sottoscrivere documenti e petizioni? Perché non prendiamo posizione sui temi che riguardano, più o meno direttamente, l’educazione ed i valori che orientano la nostra proposta?
Viviamo un tempo in cui spesso si confonde la modalità comunicativa con il contenuto della comunicazione, ci si trova costretti a comunicare, sotto la tirannia del tempismo, prima ancora di aver chiari contenuti e intenzioni.
Questo non è il nostro stile. Noi spesso siamo in ritardo nel dibattito pubblico, perché l’educazione ha bisogno di opinioni ragionate,  a volte di sospendere il giudizio, di pensare bene, di confidare nella riflessione, nello studio e nel confronto. Chi ha la pretesa di fare educazione deve imboccare spesso una strada lenta, perché deve essere  quella giusta.
L’AGESCI è interpellata in maniera esigente dal contesto storico che la Chiesa italiana e il nostro Paese vive. Non possiamo essere indifferenti a ciò che accade in questo tempo, alle questioni che interessano il presente e il futuro dei ragazzi, ai temi che orientano la vita.
Il nostro agire è politico, ma il nostro compito non è amministrare né governare.

Il nostro compito è accompagnare ragazzi e ragazze a vivere pienamente la propria cittadinanza. Noi non erigiamo barricate, noi costruiamo ponti, non ci interessa indirizzare opinioni, ma formare coscienze mature.

Crediamo che, in tempi di attivismo e di relativismo, operare in favore dell’educazione, orientati al bene comune, fedeli all’insegnamento sociale della Chiesa sia una scelta controcorrente: occorre impegno, creatività, competenza. Occorre essere liberi.

Di quella libertà che da educatori chiediamo ai ragazzi di sperimentare; di quella libertà con cui chiediamo ai capi di abitare i luoghi associativi.

                                                Il Consiglio nazionale AGESCI

100anni

Misericordia e verità

In questo anno del Giubileo si parla di Misericordia un po’ in tutte le salse. C’è anche un po’ di buonismo, di solito, a condire il piatto. Si dice: misericordia è pazienza, voler bene, star vicino. E non si può dire che non sia vero. Si dice anche che per essere misericordiosi a volte bisogna chiudersi gli occhi, passar sopra ad alcune cose. Ma questo non è vero!
La misericordia è compagna di viaggio inseparabile della verità. Ma quale verità? Con quale misura si giudica il mondo, gli altri, noi stessi? Siamo noi il canone su cui misurare ogni cosa?
Uno scout sa che misura delle sue azioni è la legge. E la legge non è altro che un riflesso del Vangelo. È dunque il Vangelo che ci insegna qual è la verità. La verità del nostro agire, la verità sugli altri e sul mondo.
Guardiamo al mondo, agli altri e a noi stessi con occhi aperti, capaci di distinguere il bene dal male, la giustizia dall’ingiustizia, ma portiamo nel nostro sguardo la luce del Vangelo perché non ci capiti di giudicare in base al nostro capriccio o al nostro desiderio.
Questa è misericordia!

Dal Salmo 84
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore. La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra. Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo. Quando il Signore elargirà il suo bene, la nostra terra darà il suo frutto. Davanti a lui camminerà la giustizia e sulla via dei suoi passi la salvezza.
don Matteo